Progetti Speciali
PROGRAMMA DI RIASSETTO E RAZIONALIZZAZIONE DEL SISTEMA PORTUALE DEL SULCIS IGLESIENTE
LAYOUT PORTUALE E WATERFRONT DI SANT’ANTIOCO - RAPPORTO PRELIMINARE
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PROGRAMMA DI RIASSETTO E RAZIONALIZZAZIONE DEL SISTEMA PORTUALE DEL SULCIS IGLESIENTE
LAYOUT PORTUALE E WATERFRONT DI SANT’ANTIOCO - RAPPORTO PRELIMINARE
Ottobre 2011
Provincia di Carbonia Iglesias
Dipartimento di Architettura dell’Università di Cagliari
PROGRAMMA DI RIASSETTO E RAZIONALIZZAZIONE DEL SISTEMA PORTUALE DEL SULCIS IGLESIENTE
LAYOUT PORTUALE E WATERFRONT DI SANT’ANTIOCO - RAPPORTO PRELIMINARE
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STORIA E STRUTTURA URBANA
SANT’ANTIOCO. NOTE DI STORIA E STRUTTURA URBANA
Sant’Antioco ha costituito storicamente il punto focale ed il principale
crocevia dei flussi di connessioni marittime e terrestri tra la Sardegna e
le isole che circoscrivono il “mare interno” davanti al Sulcis Iglesiente. La
peculiare posizione storico-geografica di S.Antioco deriva quindi dal suo
costituirsi su un rilievo a immediato presidio dell’istmo che unisce/separa
l’isola e la Sardegna, e dal suo disporsi quindi su un doppio affaccio: a
nord dell’istmo, il suo porto comunica con il sistema portuale definito da
Portoscuso, Carloforte e Calasetta, a sud è il riferimento principale per
l’intero Golfo di Palmas, e quindi per i collegamenti marittimi con tutto il
sud ovest della Sardegna.
Le vicende del centro sono collegate in modo inscindibile a quelle dell’intero
sistema: quando il settore sud occidentale della Sardegna ha rafforzato
il suo ruolo nel contesto regionale e mediterraneo, anche S.Antioco ha
preso forza e ruolo; in caso contrario si è assistito a lunghe stagnazioni
e addirittura alla scomparsa del presidio insediativo, come è accaduto
per i quattro secoli che intercorrono tra la “catastrofe insediativa” del
‘300, che spopola l’intero Sulcis, e la rifondazione sabauda del ‘700. Nel
nuovo progetto di sviluppo della Sardegna promosso nel ‘700 dai nuovi
protagonisti istituzionali, in totale coincidenza insediativa S.Antioco viene
rifondata e rinasce dalle sue ceneri come presidio di un territorio – il Sulcis –
del quale si promuove il ripopolamento. E infatti, nella prima metà dell’800,
Vittorio Angius conterà nel territorio dell’isola circa centoventi nuclei di
ripopolamento rurale (medaus e furriadroxius), mentre nella terraferma
alcuni di questi nuclei diventano l’embrione di nuove realtà municipali
destinate a consolidare la presenza organizzata economicamente e
istituzionalmente nei vasti spazi privi, almeno sino alla metà del ‘700, di
centri urbani veri e propri.
Quindi, S. Antioco è piuttosto un presidio territoriale che non una proiezione
sul mare della rete insediativa del Sulcis, e non sembra destinato per
tutto l’800 a sviluppare la sua portualità al di là delle esigenze locali . Lo
stesso Angius, tra le risorse fondamentali destinate al commercio ed alla
produzione di reddito cita fondamentalmente quelle derivanti dalle attività
agro-pastorali (anche se “… a questo si deve aggiungere quello che si ottiene
dalla pesca e da altri oggetti minori…” ). Con i suoi circa 3000 abitanti
costituisce una realtà demografica relativamente abbastanza consistente,
ma nel contesto del grande progetto di sviluppo ottocentesco, quello della
grande intrapresa mineraria, appare troppo periferico e marginale per
inserirsi subito nelle principali opportunità che si creano.
Sarà piuttosto Carloforte, più baricentrico rispetto al bacino metallifero
iglesiente, e più intraprendente sotto il profilo imprenditoriale, a ritagliarsi
un ruolo determinante nel trasporto e nella commercializzazione dei
minerali, prendendo rapporti diretti con la capitale dell’isola e scavalcando
completamente S. Antioco.
Sino al primo dopoguerra, quindi, Sant’Antioco ed il suo porto sono
espressione di un’economia locale non priva di solidità ma con pochissima
proiezione esterna. Il nucleo originario, coincidente con i luoghi sacri della
tradizione della Sulci paleocristiana, quindi arroccato sulla collina che
presidia l’istmo, appare certo capace di sviluppare una raggiera di percorsi
centripeti che puntano verso la laguna, e arrivano a lambire il bordo dove
si sviluppa il primo fronte portuale; ma il centro appare ben lontano per
esempio dalla riva sud affacciata sul golfo di Palmas, e così resterà in
fondo sino ad oggi.
nella pagina a lato, planimetria dell’impianto geometrico catastale, primi del 900.
nella pagina a lato, aerofoto del 1954
IGM storico, 1898
Occorre attendere il nuovo grande progetto territoriale che coinvolge
direttamente il Sulcis, quello del distretto del carbone autarchico degli anni
’30, per assistere ad una nuova centralità di Sant’Antioco nell’area.
In prima battuta il fattore decisivo dell’innovazione è l’installazione della
linea ferroviaria che collega S.Antioco con la terraferma e arriva sino a
Calasetta. Questo intervento modifica intanto profondamente l’istmo (del
quale vengono chiuse le bocche che passavano sotto il ponte romano) e
la stessa linea di riva sulla laguna, che verrà consistentemente raddrizzata
con successive colmate che ampliano il fronte mare.
Inoltre, la ferrovia segna uno spostamento verso il porto del baricentro
urbano, che d’ora in avanti si svilupperà sostanzialmente sul tirante da
essa segnato.
Di lì a poco, il nuovo ruolo di S.Antioco come porto privilegiato per il trasporto
del carbone segna un discontinuità che si ripercuote profondamente
anche sugli assetti attuali. S.Antioco entra così con un ruolo molto
significativo nella rete territoriale di infrastrutture, impianti, connessioni
che rimodellano il paesaggio e cambiano i ruoli degli insediamenti del
bacino del carbone autarchico. Rispetto alla trama sostanzialmente debole
dell’insediamento agro-pastorale del ‘700-‘800, si assiste ad un cambio
di scala eclatante. Irradiandosi dalla “capitale del carbone” che nel ’50
raggiunge i 50 mila abitanti in poco più di 10 anni di esistenza, lo sviluppo
di un progetto territoriale di portata nazionale rimodella completamente il
paesaggio sotto il profilo dei trasporti e delle reti e dei nodi dell’energia.
Negli orizzonti piatti della laguna si staglia la centrale elettrica di Santa
Caterina (ultima di un trittico di grandi centrali che comprende anche
Portovesme e Carbonia-Serbariu), mentre intanto viene definitivamente
modificato il profilo dell’istmo, con una grande banchina che si appoggia
all’istmo stesso, ma fuori della laguna, verso il golfo di Palmas. Anche in
questo caso, la scala del nuovo insediamento travalica completamente
quella degli approdi precedenti, e configura un nuovo “paesaggio tecnico”
di dimensioni paragonabili al nucleo storico della città, rispetto alla
quale costituisce un sistema parallelo e che resta tuttora estraneo e non
integrabile. Già negli anni ’60 – ’70 la crisi dell’energia autarchica fa
sparire quasi definitivamente il carbone dalle banchine di S. Antioco, e del
resto il ruolo di porto industriale dell’area verrà completamente fagocitato
da Portovesme (al servizio del nuovo polo).
ortofoto del 2008
La grande infrastruttura – diventata nel frattempo un abito troppo
abbondante per S. Antioco – permane come un paesaggio spaesato,
assieme ai silos granari che nel frattempo ha ospitato. Gli oggetti e
le infrastrutture “fuori scala” (la installazioni industriali e il ponte che
ripristina la connessione diretta tra la laguna e il golfo) rapidamente
si insediano in quel comparto che ormai è il luogo d’elezione dei grandi
progetti, e altrettanto rapidamente deperiscono. L’industria, lasciando
residui inquinanti che tuttora affliggono l’are a a sud dell’abitato; i sistemi
di trasporto, sostituendo alla ferrovia, che viene estirpata definitivamente,
le nuove infrastrutture stradali.
planimetria dell’infrastruttura ferroviaria urbana, 1926
CRONOSTORIA SINTETICA DELLO SVILUPPO URBANO
FASE 1 - Fondazione fenicia (VIII secolo a.C.)
Area di Su Narboni e Cronicario. La zona ha accolto la città romana che ha
occupato le aree pianeggianti fino al mare, senza soluzione di continuità.
FASE 2 – Ampliamento e sviluppo in periodo tardo antico con la costruzione
del martyrium di Antioco ed organizzazione del tessuto circostante (IV
secolo d.C.)
FASE 3 – Sviluppo della città moderna (prima metà del Settecento)
FASE 4 - Infrastrutturazione su ferro e costruzione dell’area portuale a sud,
direttamente collegata alle miniere di Carbone sulcitane (anni ‘30)
nucleo originario
FASE 3
FASE 4
CRONOSTORIA SINTETICA DELLO SVILUPPO URBANO
FASE 5 - Consolidamento infrastrutturale ed espansione urbana consistente
nella zona a sud - costruzione del polo metallurgico della Sardamag in
prossimità dell’area Porti (anni ‘50-’70).
FASE 6 - Costruzione del canale navigabile e del ponte della s.s.126.
Costituzione di aree artigianali a sud servite dalla nuova infrastruttura.
Sistemazione puntuale della linea di costa urbana e costruzione del porto
turistico. Dismissione della linea ferroviaria. (anni 70-90)
FASE 5
FASE 6
LE VARIAZIONI DELLA LINEA DI COSTA E LE CRITICITA’ DELL’ATTUALE
SISTEMA PORTO-CITTA’
L’area urbana di congiunzione tra l’isola di Sant’Antioco e l’stmo di Santa
Caterina rappresenta forse la sintesi più compiuta delle vicende del territorio
del Sulcis Iglesiente. Non solo la presenza di aree dismesse, inquinate,
residuali, ma anche la tensione generata dalle relazioni tra queste e i luoghi
dell’abitare, gli assi di attraversamento, i sistemi ambientali, rendono
quest’area paradigma della modernizzazione incompiuta di questa regione
che vede oggi profonde criticità non solo alla scala urbana. L’area compresa
tra i moli della capitaneria e dell’area “Ponti”, vecchia banchina industriale
durante l’epopea carbonifera, l’area della ex-Sardamag e a sud delle
Saline e dello stagno di Is Pruinis, e tutto il versante meridionale urbano,
compreso il suo irrisolto waterfront, tuttavia costituiscono un paesaggio
complesso dai tratti riconoscibili, una “porta territoriale” via mare e via
terra al sistema sulcitano.
Questo stesso complesso sistema ambientale e paesaggistico, nonostante
le forti commistioni con i luoghi urbani e la condizione di forte prossimità
con il centro abitato (fatto abbastanza unico in questi termini), ha
convissuto molto difficilmente con la città e soprattutto con la sua forma
urbana. Infatti, mentre Sant’Antioco si sviluppava verso sud, ovvero verso
il suo accesso storico dalla terra ferma (che avveniva dal ponte romano
issato sull’istmo), lungo i suoi assi e luoghi storici dell’antico insediamento
(is funtanneddas e is gruttas), verso un territorio di costa più accessibile
e di potenziale sviluppo dell’attività peschereccia, ovvero mentre attuava
un avvicinamento al mare, l’irruzione della fabbrica ha bloccato questo
collegamento e questo dispiegamento organico verso la costa sud che
infatti oggi rappresenta forse il sistema ambientale più compromesso e
critico, in tal senso. L’avvento del porto del carbone prima, direttamente
connesso con la Miniera di Serbariu a Carbonia (e quindi a partire dagli anni
’30) e la costruzione della grande piattaforma banchinata ove oggi sorgono
il faro e gli edifici della capitaneria, e l’ispessimento graduale dell’istmo
per consentire una infrastrutturazione più complessa (soprattutto su
ferro), e la nascita successiva della Sardamag, industria di separazione
e produzione degli ossidi di metalli pesanti (ferro e magnesio), nonché le
contigue attività delle saline di is Pruinis, hanno snaturato questo rapporto
tra Sant’Antioco e il fronte mare e compromesso la possibilità di avere una
qualità urbana nell’area che oggi forse è la più strategica all’interno del
progetto di riassetto della portualità del Sulcis Iglesiente.
Il primo livello su cui è possibile misurare questa assenza di qualità
urbana risiede proprio nell’interfaccia tra fronte costruito e mare e relativa
discontinuità dello spazio pubblico portuale. Da questo punto di vista,
Sant’Antioco costituisce un caso unico all’interno dell’assetto portuale
del Sulcis. Mentre per gli altri centri, il porto risulta essere in posizione
baricentrica rispetto al nucleo urbano – e questo fa parte della loro
formazione storica e del principio economico della loro fondazione - a
Sant’Antioco la bipolarità portuale e lo sviluppo urbano lineare lungo
la costa ha condotto a situazioni di incompletezza e incongruenza tra
lungomare e fronte urbano. Lo stesso “porticciolo turistico”, il vero porto
urbano attrezzato soprattutto per l’attività diportistica, è costituito da uno
spazio essenzialmente disconnesso del tessuto residenziale e dai limiti
indefiniti. Gli spazi dilatati tra le prime facciate urbane e la linea di battigia
verso sud sono infatti esito di una linea di costa che è andata sempre
più allontanandosi nel lento ma progressivo dispiegamento urbano verso
l’istmo.Tale sistema ora si presenta attraverso una successione di spazi
pubblici frammentata, inframezzato da parcheggi, verde non attrezzato,
aree residuali sterrate, giardini pubblici recintati, aree sportive, rinunciando
totalmente al collegamento con la città e confermando la sua natura di
“spazio ricavato” dall’acqua che con difficoltà si è riusciti a funzionalizzare
e a conferirne un ruolo nell’evoluzione urbana.
Il secondo livello è certamente legato alle condizioni di viabilità e di
accessibilità alle aree interessate. La compressione esercitata dall’edificato
verso l’area ex-Sardamag, e quindi verso il vecchio porto industriale, ha
prodotto una strizione dello svincolo di accesso al centro urbano e una
conseguente frattura tra la città e tutta l’area portuale meridionale.
Quest’area, che oggi risente dell’incombenza seppure ridotta a ruderi
della vecchia fabbrica, è stata dagli anni ‘70, ancor più dequalificata
dall’incombenza del ponte che scavalca il canale navigabile, costruito
nel frattempo per permettere un agevole approdo all’area urbana ai
pescherecci.
La viabilità complessiva di accesso al sistema portuale non è migliorata con
la circonvallazione che dal settore sud del centro urbano (sede dell’attuale
area comerciale e artigianale) si ricongiunge con la via Calasetta e
ovest a causa di un tracciato tortuoso, ormai totalmente fagocitato dalle
lottizzazioni e dimensionato per una portata di traffico assai minore.
VARIAZIONI DELLA LINEA DI COSTA
I BENI CULTURALI
SANT’ANTIOCO. UNA CULTURA ANTICA.
I resti dell’insediamento arcaico, scoperti fortuitamente nel 1983 sono
costituiti da una sovrapposizione di ambienti rettangolari e quadrangolari,
secondo uno schema ortogonale semplice, orientato est/ovest. Questi
ambienti sono caratterizzati da strutture murarie in pietrame di medie e
piccole dimensioni messo in opera con malta di fango, su cui, di frequente,
s’imposta l’alzato in mattoni crudi. I piani di calpestio sono costituiti da
pavimenti in terra battuta e argilla.
Un considerevole quantitativo di materiali ceramici ascrivibili al periodo che
va da fine VIII a III sec. a.C. attesta la continuità d’uso dell’insediamento
senza soluzione di continuità.
La ceramica fenicia arcaica, anche di provenienza vicino-orientale,
presente in notevole quantità consente di inserire Sulky nell’ambito della
proto-colonizzazione fenicia di Occidente e di datare l’abitato in un periodo
compreso tra 780 e 750 a. C..
In epoca punica l’insediamento ricoprì il ruolo di avamposto del dominio
cartaginese nel Mediterraneo occidentale incrementando, dal punto di
vista monumentale, l’insediamento emporico fenicio. .
Nel IV sec. a.C. è ipotizzato l’inizio della costruzione di una cinta muraria
fortificata cui erano forse connesse torri e una porta a vestibolo con due
leoni monumentali.
Il tofet, situato all’estremità settentrionale dell’abitato, in località Guardia
de Is Pingiadas, costituisce uno dei siti a continuità di vita più significativi
per la storia della colonia fenicio punica. Le aree necropolari erano molto
estese. Le tombe scavate nella roccia sono tra le più importanti del quadro
coevo mediterraneo. Nella necropoli di fase punica prevalgono le tombe a
camera ipogea, mentre per il periodo romano sono attestate sepolture a
“enkytrismos” e tombe a fossa con copertura alla cappuccina.
In periodo romano l’abitato occupa le aree precedentemente urbanizzate,
come testimoniano gli scavi dell’area del Cronicario, oggetto di indagini
recenti.
L’impianto urbano, dislocato a saturare le aree tra l’altura del fortino
sabaudo ed il mare, rientra nel modello di città terrazzata con edificio
templare di tipo italico collocato in una delle terrazze ricavate dalla
regolarizzazione artificiale del pendio. Il modello è coevo con l’impianto
tardo-repubblicano di Carales (Cagliari) al quale è possibile assimilarlo sia
cronologicamente che per analogie con impianti mesoitalici.
Vicino al porto attuale, un’altra struttura pertinente a questa fase è il
monumento noto con il nome di “Sa Presonedda”: un piccolo mausoleo
a struttura piramidale, in grandi blocchi squadrati, databile al II sec. a.C.
In periodo imperiale Sulci fu elevata alla condizione di municipium e
probabilmente, in età giulio-claudia, si assistette alla monumentalizzazione
di numerosi edifici, come è testimoniato da alcuni rinvenimenti epigrafici.
Lo scavo dell’area del Cronicario ha messo in luce due isolati di
abitazioni realizzate nel I sec. d.C. e abbandonate circa un secolo dopo. Il
foro della città doveva essere localizzato nel sito di Su Narboni e doveva
essere dotato di un capitolium (al momento non ancora individuato) e
di un Augusteum, cui sembra riferirsi il ritrovamento di diverse sculture
raffiguranti personaggi della gens giulio-claudia. Nel 1984 furono
identificati i resti dell’anfiteatro del II sec. d.C., ubicato alle pendici S/E del
colle dov’erano l’acropoli e il tempio.
In età cristiana fu realizzato il cimitero ipogeico. Nell’abitato, sul fianco
di una piazza sul punto più alto del paese, sorge la chiesa dedicata a
Sant’Antioco, di cui è visibile solo il prospetto principale, realizzato fra il
XVII e il XVIII secolo.
CARTA DEL DE CANDIA
In epoca medievale la città rientra amministrativamente nella curatoria
di Sulcis e l’isola è soggetta ad ingenti fenomeni di spopolamento dovuto
prevalentemente a cause economiche .
Nel XVIII Sulci è ripopolata per volontà dell’Ordine dei Santi Maurizio e
Lazzaro.
Nel 1792 i Francesi tentarono la conquista della Sardegna sbarcando
nel Golfo di Palmas conquistando l’isola per poco tempo, fino alla
riappropriazione da parte dei Savoia ed al riassorbimento nell’ambito del
Regno di Sardegna.
L’INTERPRETAZIONE DELLA FORMA URBIS
Come si rileva anche dalle osservazioni del Casalis, riportate nel Dizionario,
la topografia del territorium di Sulci ha condizionato pesantemente la
forma urbis mettendo in chiara evidenza le vocazioni ambientali del locus
sulcitanus e determinando lo sviluppo di specifiche economie in un tempo
che definiremmo “di lunga durata”. La fondazione fenicia di VIII secolo a. C:,
ormai acclarata da incontrovertibili elementi scientifici, stabilisce un punto
fermo riferibile alla penetrazione di popolazioni vicino orientali nell’estremo
lembo meridionale della Sardegna in un quadro paesistico e morfologico
coerente con gli insediamenti della madrepatria. Insediamento emporico
e coloniale che, fino a poco tempo fa, incarnava il mitico emblema,
non casuale, degli appetiti delle genti marinare del Vicino Oriente. Le
testimonianze riferibili a tale momento sono davvero di straordinaria
importanza per chiarire il quadro poleografico del comparto sulcitano ed
i materiali definiscono precisamente la cultura allogena riportando al 770-
750 a.C. le fasi di sviluppo più antiche dell’abitato. Il tofet, alta espressione
delle pratiche funerarie e rituali delle popolazioni semitiche, qui nella sua
isolata manifestazione più occidentale, interessa la colata trachitica della
collina di Sa Guardia ‘e Pingiadas e struttura l’immaginario mentale sia
dell’abitante (nella denominazione toponomastica caratteristica) che del
visitatore che scopre un’area a cielo aperto delimitata e frazionata da bassi
recinti, solo in parte conservati (come si legge nel Salammbò di Flaubert).
Se all’età antica (fenicia, punica e poi romana) si deve l’inizio ed il
consolidamento di una forma urbana programmata secondo un impianto
ortogonale ricostruibile, nella sua definizione di massima, in base ad
alcune testimonianze archeologiche di lacerti stradali, a partire dal tardo
impero riceve una più sintomatica, per quanto scomoda, caratterizzazione
dall’accogliere i condannati ad metalla inviati nell’unico distretto minerario
imperiale della provincia Sardinia, quello di Metalla appunto, tra Neapolis
e Sulci, corrispondente al centro di Grugua-Buggerru ed alle miniere
circostanti. L’importanza e la vitalità dell’attività estrattiva determinano il
destino di questo territorio, non disgiunto dalla pratica delle attività legate
alla pesca e, parzialmente, all’agricoltura, come velocemente annota il
Casalis riferendosi alle piantagioni di viti ed alla semina dei cereali (…”Il
terreno nella parte a greco dell’isola è generalmente sabbioso, nelle altre
argilloso: il primo ottimo per le viti, l’altro per i cereali”…,p. 226).
Dall’intersecarsi continuo tra paesaggio naturale ed azione umana, diretta
a modificare il variegato assetto pluricollinare del territorio paracostiero,
si origina la forma urbana posteriore all’età romana, con l’urbanizzazione
della modesta collina pensata per accogliere la struttura del probabile
martyrium di Antioco, soprastante il cimitero ipogeo, in uno spazio in cui
è stato possibile rileggere, dal punto di vista archeologico, gli interventi
intercorsi a partire dal IV secolo d. C. in poi. Uno spazio di grande interesse,
quello del colle di Antioco, recuperato alle fasi cruciali del tardo-antico da
un’attenta e scrupolosa ricerca dell’area più idonea per l’impianto di una
importante catacomba, connessa ad un’area funeraria sub divo in diretta
relazione a quella ipogea. La strutturazione della collina ha rappresentato
una trasformazione così eclatante del tessuto urbano di Sulci da porre
in evidenza l’emergere delle istituzioni ecclesiastiche, ispirate da ideali
differenti da quelli legati alla cultura della società classica, sia per
l’organizzazione sociale che per la stessa sopravvivenza materiale. Alla
centralità dello spazio urbano rappresentata, in età romano-repubblicana,
dall’area del Cronicario, da quella del tempio di matrice italica, sotto la collina
del forte sabaudo, si sostituisce quella della collina del martire Antioco
che svolge il ruolo di attrattore di insediamento anche successivamente,
con la creazione di una probabile ecclesia cathedralis, svolta dall’edificio
di culto, sin dall’alto Medioevo e testimoniata dalla notizia di una sede
vescovile sulcitana dal 484 d. C. come riporta Joannes Dominicus Mansi,
nel Sacrorum Concilorum nova et amplissima collectio del 1762. Alle fasi
dell’alto medioevo sembra potersi attribuire il castrum situato all’ingresso
dell’isola e desumibile da una cartografia di inizio Ottocento, riportata
dal Piloni nella raccolta delle Carte geografiche della Sardegna (Pianta
topografica dell’isola di Sant’Antioco appartenente alla sacra Religione
di San Maurizio e Lazzaro, in L. Piloni, Carte geografiche della Sardegna,
Cagliari, 1974, tav. XCI).
Dalla cartografia storica ricaviamo significative indicazioni sull’assetto
dell’isola alla fine del XVIII secolo. L’esigenza di affrontare il problema
della cartografia generale della Sardegna, da parte dei Piemontes,i e la
contestuale presenza di Giuseppe Viana alla direzione tecnica dell’azienda
di Ponti e Strade della Sardegna, nella prima metà del 1784, porta alla
realizzazione della Carta delle due Isole, S. Pietro e S. Antioco, con parte
della Sardegna, Levate l’anno 1792, dall’abate Lirelli, geografo di S. M. e
dell’Accademia Reale delle Scienze di Torino ed incisa dal torinese Pio Tela.
Si tratta di una carta essenziale nel suo disegno tipografico che sottolinea
l’assetto ambientale con la fitta trama delle divisioni agrarie tutt’intorno
alla città ed il modesto rilievo su cui è collocato il “vertice dell’antica Città
di Sulci”. Appare interessante l’a conformazione della linea costiera e
dell’istmo che collega l’isola alla terraferma e che discrimina il cosiddetto
mare interno dalle acque del golfo di Palmas. E’ presente anche lo stagno
di S. Caterina che, nella sua parte interna a ridosso del saltus sulcitanus,
accoglie la viabilità principale di accesso dalla terra ferma. La rilevanza del
quadro territoriale tuttavia non ha favorito, nel corso dell’Ottocento, forme
di nuovo popolamento all’insieme, un po’ desolato dell’insediamento
sulcitano. Il Le Lannou sottolinea la particolare struttura del popolamento,
definendo per primo la caratteristica dell’habitat disperso che “incide
vivamente sul paesaggio”. Ma aggiunge che si tratta di una dispersione
tutta relativa, dove la frazione da cinque a venti-trenta case “rappresenta
l’unità caratteristica del popolamento”.
In tal modo si è conservato un contesto in cui gli elementi rappresentativi
non sono identificabili esclusivamente nei paesaggi minerari ed industriali,
ma anche nella straordinaria ed esclusiva alternanza dei paesaggi culturali,
così come sinteticamente descritti.
“(…) L’isola di S.Antioco formata nel modo di una
testa di cavallo col muso nella parte meridionale,
le orecchie nella punta settentrionale, è lunga dal
capo Sperone a quello di Calaseta…..(….)
Vi abbonda il piombo entro la roccia calcarea,
nel che pare sia stata la regione del nome di
Molybode o di Plumbea con cui fu appellata dagli antichi”
(G Casalis, Dizionario Geografico-Storico-Statistico-Commerciale degli Stati di S. M. il
Re di Sardegna, 1833-1856, p. 221)
A LATO, PIANTA TOPOGRAFICA DEL 1812
I BENI CULTURALI DEL COMUNE DI SANT’ANTIOCO
Beni archeologici
I beni interessati da vincolo ministeriale (vincolo archeologico ex lege
1089/39, ricompresa nel DLgs. 42/2004) riguardano i seguenti siti:
Tophet, Cave e Acropoli; località Su Narboni; Piazza Municipio; località
Porto di Triga. Nel territorio comunale sono presenti altri siti di rilevante
interesse archeologico non soggetti a vincolo: area del Cronicario, Fontana
romana, Ponte romano, Sa Presonedda, Grotta Canargius o dei Colombi,
Menhir Su Para e Sa Mongia, villaggio nuragico di Cortiois, Domus de Janas
e nuraghe di Is Pruinis.
Beni storico architettonici
L’unico bene interessato da vincolo ministeriale (vincolo storico
architettonico ex lege n. 1089/39, ricompresa nel DLgs. 42/2004) è il
Palazzo del Capitolo. Altri beni sono sottoposti al momento attuale a verifica
di interesse culturale (art. 12 DLgs. 42/2004).
Beni indicati nel PPR soggetti a vincolo paesaggistico
Le Saline di S. Antioco e Sa Salina Manna.
I vincoli archeologici
I vincoli apposti interessano quattro aree e sono comprensivi di Decreto
Ministeriale, relazione tecnico scientifica e planimetria del bene con areale di
vincolo.
Tophet, Cave e Acropoli (D.M. 11 Maggio 1971)
(Dalla relazione scientifica) Le tre zone del Tophet, delle Cave e dell’Acropoli, site
a poca distanza l’una dall’altra, costituiscono la testimonianza più ragguardevole
dell’antica città di Sulci e documentano un particolare e caratteristico aspetto
della civiltà punica in Sardegna di cui Sulci rappresenta notoriamente uno dei
capisaldi.
Località Su Narboni (D.M. 21 Ottobre 1993)
(Dalla relazione scientifica) In seguito ai lavori di scavo per la costruzione di uno
scantinato connesso ad una casa per civile abitazione sono emersi alla luce i
ruderi di una costruzione di età romana. I ruderi consistono in una porzione di
aula pavimentata con ciottoli e piccole pietre e delimitata da muri edificati con
blocchi squadrati di trachite. L’andamento dei tronconi murari ritrovati fanno
ritenere certo il loro proseguimento per tutta l’area interessata al connette
progetto di abitazione, e la situazione si connette con la presenza di ritrovamenti
dell’abitato antico di età romana nell’area cimiteriale, già sottoposta a vincolo di
tutela archeologica.
Piazza Municipio (D.M. 21 Luglio 1995)
(Dalla relazione scientifica) In seguito alla richiesta di ristrutturazione di un
fabbricato fatiscente, la Soprintendenza Archeologica di Cagliari ha eseguito
un’indagine di scavo per accertare la situazione del sottosuolo. Gli scavi hanno
rilevato la presenza di un settore di necropoli relativo a fasi puniche, romane e
tardo-antiche, di uso e frequentazioni cimiteriali. Il complesso emerso comprende
una serie di ipogei punici scavati nel tufo, di cui si trova ancora una parte delle
camere prive di coperture e residui dei dromoi d’accesso a gradini. L’utilizzo della
necropoli in età romana e tardo-romana ha modificato le originarie strutture
puniche. Tale riuso ha creato un suggestivo effetto di scavi e trafori che illustra,
in modo esemplare, l’evoluzione della cultura funeraria di cui le catacombe
rappresentano l’ultima fase.
Il vincolo si riferisce all’area sotterranea corrispondente alla Piazza Municipio
che copre, solo in modo parziale, l’areale delle catacombe. L’area è sotto la
competenza dell’Ufficio Regionale Beni Culturali Ecclesiastici che opera in sinergia
con la Soprintendenza archeologica, a cui fanno capo anche la basilica martiriale
ed il complesso catacombale.
Località Porto di Triga (D.M. 22 Aprile 1999)
(Dalla relazione scientifica) Nella Località Porto di Triga, sita su un promontorio
roccioso proteso sul mare, è stata individuata una struttura antica di età preistorica.
Questa struttura consiste in un monumento a torre, di fase nuragica (Bronzo
Medio e Recente: 1500/2000 a.c.), costituita da due piccole torri raccordate
da una cortina muraria; una seconda muraglia racchiude e delimita un’area
scoperta che ha probabilmente funzione di cortile. Il monumento appartiene alla
tipologia dei nuraghi a tancato, e l’apparato murario, molto irregolare, è realizzato
in blocchi sbozzati di pietra vulcanica locale.
I vincoli storico-architettonici
L’unico edificio sottoposto a vincolo è il Palazzo del Capitolo in via Regina
Margherita (prot. N. 1186 del 28.03.1977).
Sono presenti altri siti di rilevante interesse storico-culturale. Per alcuni di essi deve
essere effettuata la verifica di interesse culturale. Essi sono: Chiesa parrocchiale
di S. Antioco martire, Cappella delle Grazie, Cimitero Monumentale in località
Su Narboni, Ex Municipio in piazza Municipio, Fortino sabaudo, fabbricato sede
dell’Ufficio Circondariale Marittimo, Fortificazione militare, area ex FMS, ex Monte
Granatico in via Regina Margherita 81/83, Monumento ai Caduti sul Lungomare,
Torre Canai, Ex Semaforo di Capo Sperone.
Solo per un bene è iniziato il procedimento di vincolo: Palazzo Aste già Sa Domu
de Su Podestadi in via Regina Margherita 30.
IL QUADRO DELLA PIANIFICAZIONE
QUADRO DELLA PIANIFICAZIONE URBANISTICA
E DELLE OPERE PUBBLICHE
Il Piano Urbanistico Comunale vigente approvato nel 2000 ed è in fase di
adeguamento al Piano Paesaggistico Regionale. Il disegno urbanistico dell’attuale
strumento urbanistico rappresenta in maniera chiara il rapporto della città con il
porto e con le grandi aree ai margini del centro abitato un tempo destinate alle
attività produttive.
In riferimento alla relazione tra centro urbano e area portuale, il PUC localizza
un’area destinata a spazi per servizi pubblici che si sviluppa lungo il fronte mare
del centro urbano definendo un’importante interfaccia porto/città.
Nelle grandi aree che si attestano a nord e a sud del centro abitato il PUC prevede
la possibilità di una progressiva eliminazione delle attuali attività produttive,
la conversione delle superfici e quella eventuale dei volumi per utilizzazioni di
tipo terziario, con particolare riferimento alle necessità connesse con l’attività
portuale.
Per la zona relativa all’area di Is Pruinis, si prevede la realizzazione di un parco
attrezzato con la finalità di valorizzare i caratteri ambientali originari e di dotare
l’ambito costiero di infrastrutture di servizio per la fruizione collettiva.
Popolazione Residente al 1 Gennaio 2011 (Fonte ISTAT):
11.630 abitanti (M 5.796, F 5.834)
Superficie territorio comunale:
87,53 Kmq
Densità abitativa:
132,9 ab/Kmq
Strumento urbanistico comunale vigente:
Piano Urbanistico Comunale (2000)
Atto ricognitivo del Centro di Antica e Prima Formazione:
Determinazione N. 186/DG del 6.02.2008
Direzione generale della pianificazione urbanistica
territoriale e della Vigilanza edilizia – RAS
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LA PROGETTUALITA’
Dall’elenco delle opere pubbliche, riportato nella tabella allegata, si
evidenzia l’attenzione dell’Amministrazione per i temi della riqualificazione
ambientale e per l’importanza che la risorsa porto ha e può avere per il
futuro sviluppo economico e urbanistico del Comune di Sant’Antioco.
Infatti, le rilevanti risorse economiche, destinate per le opere di bonifica
dei siti produttivi dismessi localizzati in prossimità del centro urbano,
manifestano la volontà di voler cogliere l’occasione della riqualificazione
di tali aree per recuperare spazi vasti e strategicamente importanti per
lo sviluppo della città. Inoltre le opere pubbliche programmate per gli
interventi nell’area portuale definiscono e rafforzano la connessione tra
il porto e la città.
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LE OPERE PUBBLICHE
IL SISTEMA AMBIENTALE
SINTESI DEL QUADRO AMBIENTALE
Il sistema delle saline e dello stagno di Santa Caterina è gestito per fini industriali
salinieri e comunque conserva un valore ambientale elevatissimo.
Le sue caratteristiche ambientali, estetiche e paesaggistiche sono talvolta poco
curate e meritano una riqualificazione che può andare dal rapporto con la viabilità
esistente ad una attenta gestione del rapporto con la viabilità.
Il sistema dei margini della laguna di Sant’Antioco, in particolare sul lato delle
saline, è completamente trascurato e una attenzione è dovuta, anche in funzione
del fatto che esso ospita la parte terminale della strada romana che conduceva
all’antica Solci e della quale proprio in questo tratto si conserva un lembo
importante.
Una attenzione di primo rilievo merita il sistema lagunare a sud dell’abitato di
Sant’Antioco, in parte fortemente alterato dalle attività della Sardamag ed in parte
g’à modificato dalla vecchia distilleria Carboni. In tale area si rende necessario un
intervento di bonifica, riqualificazione e ricostituzione dell’ambiente naturale.
Una attenzione complessiva poi merita il sistema lagunare rispetto al suo stato
attuale, alle sue potenzialità ed alle valenze ambientali, paesaggistiche ed
economiche.
Il sistema, attualmente gestito in modo minimalista sfrutta la naturale produzione
di lamellibranchi e molluschi in generale nonché di altri prodotti marini, operando
in un ambiente qualitativamente degradato su cui però insistono situazioni di
fatto assolutamente inappropriate per qualità, gestione, valore e sostenibilità
ambientale.
Nel settore al confine del comune di Calasetta è presente il sistema costituito dallo
stagno di Cirdu, Punta Giunchera e Punta Trettu. Si tratta anche in questo caso
di sistemi di transizione di elevatissimo valore ambientale e stato ambientale,
nonché condizione d’uso inappropriata. Grande attenzione andrà data in tali aree
nella scelta delle attività di progetto.
Ai fini della valutazione della fattibilità preliminare, nella selezione degli scenari
sono considerate le normative agenti nel settore per gli aspetti interferenti con
gli interventi proposti.
Nelle cartografie sono messe in evidenza le perimetrazioni dei siti o gli elementi
lineari o puntuali attraverso su cui agiscono le normative descritte nella parte
seguente.
Le tavole intitolate Tutele 1 e Tutele 2 raggruppano perimetrazioni con forte
pertinenza paesaggistica, legate al D.Lgs 42/2004 ed al PPR; sono state
suddivise per rendere più facilmente leggibili i diversi vincoli con riferimento
all’articolato normativo delle due norme.
Nella tavola Tutele 3 sono riportati i temi di sintesi del PPR, riferiti alla naturalità
ed agli elementi storico culturali.
Nella tavola Tutele 4 sono descritti graficamente aspetti connessi al degrado
antropico.
La tavola Tutele 5 riporta le perimetrazioni degli areali sottoposti a tutela
idrogeologica.
Lgs42/04Art.n°137"Bellezzeindividue"(exVincolo1497/39,art.1,commi1,2)
D.Lgs.42/04Art.n°142comma1b)Fasciadirispettodi300mdailaghiD.Lgs.42/04Art.n°142comma1a)Fasciadirispettodi300mdallacosta;
b)Fasciadirispettodi300mdailaghi;
c)Fasciadirispettodaifiumiedallerelativespondeodalpiedeesternodegliarginiper150mD.Lgs.42/04Art.n°142comma1ePPRNTAArt.n°33en°35f)Parchieareenaturaliprotette(L.N.394/91)
D.Lgs.42/04Art.n°142comma1g)TerritoricopertidaforesteedaboschiD.Lgs.42/04Art.n°142comma1ePPRNTAArt.n°45g)VincoloidrogeologicoD.Lgs.42/04Art.n°142comma1i)Zoneumide(Ramsar)DPRn°488/76D.Lgs.42/04Art.n°142comma1#*l)ivulcani1:TUTELE 1
Il territorio di Sant’Antioco è interessato da un Decreto di Tutela Paesaggistica
(ex 1497/1939) emanato il con D.A.P.I. il 06/04/1990 e pubblicato sul BURAS
il 18/06/1990 agente in modo esteso ed indifferenziato sul territorio comunale
che oggi agisce come art . 137 del D.Lgs. 42/2004.
Altresì, sono presenti, ovviamente, come da art . 142 lett. a) del D.Lgs. 42/2004,
le fasce di rispetto costiero, e lett. c) , quelle di rispetto fluviale, che ovviamente
interessa le aree di fattibilità progettuale.
Le aree definite boschi, lett. g) dell’art. 142, sono mappate in modo impreciso e
comunque non interesserebbero, nella realtà, aree di fattibilità.
00.511.520.25chilometriLegendaD.25.000Tutele1ScalaFATTIBILITA'PORTISULCIS
Lgs.42/04Art.n°143ePPRNTAArt.n°33en°34!AreeprotetteLRn°4/07(Cavita'naturali)
D.Lgs.42/04Art.n°143ePPRNTAArt.n°33en°34AreeProtetteDPRn°488/76Zoneumide(Ramsar)
D.Lgs.42/04Art.n°143ePPRNTAArt.n°33en°37LRn°23/98OasiPermanentidiProtezioneFaunisticaD.Lgs.42/04Art.n°143ePPRNTAArt.n°33en°36AreedirilevanteinteressenaturalisticoLRn°31/89D.Lgs.42/04Art.n°143ePPRNTAArt.n°33en°36MonumentinaturaliLRn°31/89D.Lgs.42/04Art.n°143ePPRNTAArt.n°33en°36RiserveNaturaliLRn°31/89D.Lgs.42/04Art.n°143ePPRNTAArt.n°33en°36ParchiNaturaliRegionaliLRn°31/89D.Lgs.42/04Art.n°143ePPRNTAArt.n°33en°37AreeinproprietàogestioneEFRS!!!
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!!!Dir409/79CE-ZPS-ZonediProtezioneSpecialeD.Lgs.42/04Art.n°143ePPRNTAArt.n°33en°34!!!
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!!!Dir43/92CE-SIC-SitidiInteresseComunitarioD.Lgs.42/04Art.n°143-ParcoGeominerario!!!
!!!
!!!
!!!PARCOGEOMINERARIOD.M.AMBIENTE265/01D.Lgs.42/04Art.n°143ePPRNTAArt.n°33!TERRITORIOCOSTIEROD.Lgs.42/04Art.n°143ePPRNTAArt.n°33Monumentinaturaliistituiti(L.R.31/89)
D.Lgs.42/04Art.n°143ePPRNTAArt.n°33Sistemiabaie,promontori,falesieedisoleminoriD.Lgs.42/04Art.n°143ePPRNTAArt.n°33CampidunariesistemidispiaggiaD.Lgs.42/04Art.n°143ePPRNTAArt.n°33AreeIBAD.Lgs.42/04Art.n°143ePPRNTAArt.n°38,39e40???
???
???AreediulterioreinteressenaturalisticoD.Lgs.42/04Art.n°143ePPRNTAArt.n°38,39e40
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AreediulterioreinteressefaunisticoD.Lgs.42/04Art.n°143ePPRNTAArt.n°38,39e40AreediulterioreinteressebotanicoefitogeograficoD.Lgs.42/04Art.n°143LAGUNE,STAGNI,BACINIELAGHID.Lgs.42/04Art.n°143BACINIARTIFICIALICANALIEIDROVIE1:TUTELE 2
Con riferimento all’art. 143 del D.Lgs. 42/2004 e art. del PPR n° 33 e 34, il settore
di Sant’Antioco coinvolto nella fattibilità in oggetto è interessato da alcune aree
di elevata valenza naturalistica, esplicitamente tutelate ed in particolare il SIC
ITB042223 “Stagno di Santa Caterina” e dal SIC ITB042210 “Punta Giunchera”.
Ulteriormente, anche se non soggetto a normative esplicite, è presente una area
IBA (Important Bird Areas).
Le attività nei settori SIC o in loro prossimità sono soggette a Valutazione di
Incidenza Ambientale.
L’isola di Sant’Antioco costituisce una area di interesse botanico e fitogeografico
ed in particolare, il settore stagnale e le sue pertinenze, pur profondamente
alterati, sono area di interesse naturalistico.
Il settore della “terraferma” entra in toto nel Parco Geominerario Ambientale e
Storico-Culturale, che non agisce in modo ostativo ma supervede, attraverso una
autorizzazione.
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00.511.520.25chilometriLegendaD.25.000Tutele2ScalaFATTIBILITA'PORTISULCIS
Lgs.42/04Art.n°143altreareetutelatestoricheCentridiprimaeanticaformazioneD.Lgs.42/04Art.n°143altreareetutelatestoriche^_BenistoriciearcheologiciPianoPaesaggisticoRegionaleNTAArt.n°5e9AreadellesalinestorichePianoPaesaggisticoRegionaleNTAArt.n°5e9Areedell'organizzazioneminerariaPianoPaesaggisticoRegionaleNTAArt.n°5e9!!!
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!!!ParcoGeominerarioSoricoeAmbientaleDMAmb.n°265/01PianoPaesaggisticoRegionaleNTAArt.n°5e9AreedellabonificaPPRNTAArt.n°da22a30(NATURALITA'-PPR)
Areeconfortepresenzadiambientinaturaliesubnaturali,Macchia,duneeareeumideAreeconfortepresenzadiambientinaturaliesubnaturali,BoschiAreeseminaturali,PraterieespiaggeAreeseminaturali,BoschiAreeadutilizzazioneagro-forestale,ColturearboreespecializzateAreeadutilizzazioneagro-forestale,Impiantiboschiviartificiali1:Tutele 3
Il PPR agisce (art. da 22 a 30 delle NTA), nel controllo della trasformazione del
paesaggio, in gran misura, attraverso la definizione della trasformabilità di aree a
diverso grado di naturalità.
Nel nostro caso, abbiamo solo alcune aree a naturalità elevata e su di esse
andranno elaborate le valutazioni di compatibilità paesaggistica.
Sono presenti alcuni elementi di valenza storica ed archeologica, qui riportati solo
in parte, che agiscono attraverso le core zone, le buffer zone e gli scenari ed
andranno valutati appropriatamente in uno stadio successivo
PonteRomanoN.gheBriccuN.gheBricchettuAreaarch.centroabitatoMenhirSaMongiaesuPara00.511.520.25chilometriLegendaD.25.000Tutele3ScalaFATTIBILITA'PORTISULCIS
008areeIncendiatePerim2009areeIncendiatePerim2010PPRNTAArt.n°41,42e43SitoindustrialediportovesmePPRNTAArt.n°41,42e43SitoindustrialediportovesmefasciarispettoPPRNTAArt.n°41,42e43SitiamiantoPPRNTAArt.n°41,42e43categoriadiscaricheminerariescaviattivestrcava!(attivestrcavaAreeminerarieregistrateAREEMINERARIEDISMESSEAreeestrattivedismesseAREEMINERARIEDISMESSE(1°E2°CATEGORIA)
DISCARICHESCAVIAreeestrattivedicavaAREEESTRATTIVEDISECONDACATEGORIA(CAVE)
AreeestrattivediminieraAREEESTRATTIVEDIPRIMACATEGORIA(MINIERE)
TUTELE 4
Alcune mappature riportate nella presente tavola non hanno, sulla tipologia di
opere proposte influenza diretta (aree contaminate di Portovesme e di rispetto di
Portovesme. Sito di Interesse Nazionale) ma agisce condizionando la fattibilità ad
operazioni ci valutazione e caratterizzazione.
Le aree estrattive mappate, storiche ed attuali, sono riferimento per eventuale
approvvigionamento di materiali per fini diversi (rilevati, inerti per cls o colmate
etc...) o per messa a discarica di volumi significativi di terreni, purchè compatibili,
che si dovessero generare nell’attuazione dei progetti.
Altresì, le aree di cava autorizzata costituiscono una risorsa dell’area e sono da
considerare nelle valutazioni.
00200300400.511.520.25chilometriLegendaareeIncendiatePerim2005areeIncendiatePerim2006areeIncendiatePerim2007areeIncendiatePerim1:25.000Tutele4ScalaFATTIBILITA'PORTISULCIS
n°44-IFFIInventarioFenomeniFranosi!(SitofranosoPPRNTAArt.n°44-PianoStralciodelleFasceFluvialiPSFF(2011)
FASCIAHi5A_2(TempodiritornoTr=2anni)
Hi4A_50(TempodiritornoTr=50anni)
Hi3B_100(TempodiritornoTr=100anni)
Hi2B_200(TempodiritornoTr=200anni)
Hi1C(TempodiritornoTr=500anni)
PericolositàdiPiena(PAI)
PERICOLOHi1Hi2Hi3Hi4PericolositàdiFrana(PAI)
PERICOLOHg1Hg2Hg3Hg41:Tutele 5
Il PAI, nelle mappature di pericolosità idraulica del sub-bacino 1, Sulcis, riportava
delle aree di inondabilità con H1, 2, 3 e 4 sia per l’abitato che per il Rio s’Arriaxiu.
Non sono note mappature di Pericolosità di Frana o Frane segnalate dal Progetto
IFFI.
Il Piano Stralcio delle Fasce Fluviali (PSFF) mappa invece un’area di fascia C
(mappatura generata per analisi morfologica con tempo di ritorno di 500 anni) in
tutta l’area lagunare, soggetta a limitazioni non significativamente restrittive, ma
solo a cautele in fase di soluzioni progettuali.
00.511.520.25chilometriLegendaPPRNTAArt.25.000Tutele5ScalaFATTIBILITA'PORTISULCIS
SINTESI DELLA CARATTERIZZAZIONE DELL’AERA PORTUALE DI
SANT’ANTIOCO (NOVEMBRE 2011)
Premessa
La presente relazione si riferisce all’area portuale di Sant’Antioco ed è tratta dal
Piano di Caratterizzazione redatto dalla Società Progemisa nel 2007.
L’area d’interesse ricade all’interno della sottoarea B, identificata da ICRAM nel
“Piano di caratterizzazione ambientale dell’area marino costiera prospiciente
il sito di bonifica di interesse nazionale del Sulcis – Iglesiente – Guspinese”
(Documento ICRAM CII-Pr-SA-SI-01.07, novembre 2005).
Sulla base di tale documento, l’Agenzia Regionale PROGEMISA, in accordo con
l’Assessorato ai Lavori Pubblici, svolse le indagini di caratterizzazione, completate
nel periodo tra aprile e maggio 2007.
Le indagini effettuate erano mirate alla ricerca di contaminanti nei sedimenti dei
fondali marini prospicienti l’area portuale e intendevano individuare le eventuali
sorgenti di contaminazione ambientale, nonché le possibili vie di diffusione dei
contaminanti stessi.
Le analisi chimiche vennero svolte dai laboratori dei dipartimenti provinciali
dell’ARPA Sardegna, dalla Provincia di Cagliari, dal laboratorio PROGEMISA,
attualmente facente parte dell’ARPAS.
1. Inquadramento geografico e perimetrazione dell’area di indagine
L’area oggetto di studio comprende lo specchio d’acqua del Golfo di Palmas,
lungo la fascia costiera che si estende dal porticciolo turistico di S. Antioco alla
laguna di P.ta Trettu – S. Caterina, sino al molo di attracco delle navi mercantili,
comprendendo altresì lo specchio d’acqua del Porto Ponte Romano sino al
molo frangiflutti antistante la banchina. Ad oriente è separata dall’area
di Is Prunis da un braccio di mare largo circa 120 m, che dal 1981, mette
in comunicazione la laguna S. Antioco – S. Caterina con il mare aperto. Lo
specchio d’acqua sottoposto ad indagine conoscitiva è stato caratterizzato con
42 punti di sondaggio distribuiti su una superficie di oltre 70 ettari, posizionati
secondo una maglia quadrata di lato 150 x 150 metri.
I punti di prelievo ricadono lunga la fascia costiera di 250-300 m di larghezza,
tra il porticciolo turistico ed il ponte. Quest’area è di tipo lagunare, con basso
fondale sabbioso-limoso ricoperto da praterie di posidonia, in cui le oscillazioni
di marea limitano la libera navigazione. Il traffico marittimo è costituito
da pescherecci di piccola stazza ed imbarcazioni a ridotto pescaggio, più
tipicamente a fondo piatto (chiattini).
Per agevolare il traffico marittimo tra le aree portuali ed i settori marini
meridionali e settentrionali è stato realizzato un canale di navigazione, largo
circa 20 metri e profondo 3 - 4 metri. Nel settore a sud della capitaneria di
porto la profondità del fondale, rilevata in fase di indagine, è risultata inferiore
rispetto alle batimetrie del piano nautico S. Antioco (Ponte Romano), a causa
di un processo di interrimento in atto.
Attività svolte nel sito ed uso attuale
Lo svilupparsi delle attività estrattive del settore carbonifero del Sulcis rese
necessaria la realizzazione della struttura portuale di S. Antioco. Il carbone
del Sulcis rappresentava più del 60% del quantitativo totale di merci transitate
nel sito. Il carbone veniva conferito al porto e scaricato direttamente sulle
banchine, costituendo dei cumuli di materiale. Infine veniva movimentato
tramite gru. L’assenza di adeguati sistemi di confinamento del materiale ha
inquadramento geografico
favorito la dispersione delle polveri di carbone per l’azione del vento e delle acque
meteoriche.
Lo stesso porto, oltre che per la spedizione del carbone Sulcis, era utilizzato per
la movimentazione e la spedizione dei minerali estratti dalle Società Pertusola,
SAPEZ e AMMI. Si trattava di minerali concentrati di Pb e Zn, provenienti dagli
impianti di flottazione delle aree minerarie limitrofe, che venivano stoccati
anch’essi in cumuli e movimentati analogamente al carbone.
Inoltre, il porto era indispensabile per la movimentazione dei prodotti di due
industrie sorte in prossimità della stessa area portuale: la Baroid International e
la Sardamag/Seamag.
La prima operò dal 1955 al 1979 e si occupava dell’estrazione di minerali di bario
e di argille bentonitiche. La Sardamag, attualmente Seamag, produceva ossido di
magnesio, utilizzando come materie prime acqua di mare, calcare, acido solforico
ed olio combustibile come fonte energetica. L’attività ebbe inizio nel 1963 cessò
nel 1996.
Attualmente il porto è utilizzato pressoché solo ed esclusivamente per l’attracco
dei pescherecci e per il traffico di merci, quali il sale marino prodotto nella vicina
salina, materie prime e prodotti da e per le industrie del polo industriale di
Portovesme e per il traffico di mezzi militari.
Nell’area di indagine oltre alla banchina principale del porto industriale, insistono
altri approdi. Il principale è quello turistico, situato nella zona lagunare. Nella
stessa zona sono presenti anche 6 moli galleggianti per pescherecci di piccola
stazza e ridotta capacità di pescaggio.
Nel bacino portuale industriale, area ad Est, Club Nautico in figura 2, esiste un
altro porticciolo nella darsena di fronte alla sede della Capitaneria che si estende
verso il faro. In quest’area, caratterizzata da basso fondale sono attraccate le
imbarcazioni della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza, oltre ad una ventina
di imbarcazioni a vela e motore sino a 6 metri di lunghezza. E’ inoltre presente
una piccola officina per il rimessaggio delle imbarcazioni e manutenzioni
varie. Un’altra attività artigianale è presente nella banchina opposta a quella
di Ponente, dove opera un piccolo cantiere nautico, limitrofo all’area dell’ex
impianto Seamag.
L’aspetto peculiare che caratterizza l’area in esame è la ridotta profondità del
fondale, dovuta al continuo apporto di sedimenti ad opera della delle correnti
marine.
Di fatto, la scarsa profondità del fondale, impedisce alle imbarcazioni ad elevato
pescaggio di attraccare, limitando enormemente la fruizione della struttura
portuale medesima.
Gli strumenti urbanistici comunali prevedono una serie di interventi finalizzati
all’incremento della profondità dei fondali, fino ad un minimo di 8 m s.l.m., del
canale d’accesso e del bacino di manovra del porto commerciale, mediante
operazioni di dragaggio.
Al fine di incentivare i traffici marittimi commerciali e turistici, sono stati inoltre
previsti diversi interventi di ammodernamento ed ampliamento dello scalo.
3. Analisi antecedenti al 2007
Negli anni 2000 e 2004 vennero condotte due campagne di studio entrambe
promosse dell’Assessorato dei Lavori Pubblici della Regione Sardegna. In
entrambi i casi vennero effettuati dei campionamenti dei sedimenti marini
mediante carotaggio.
Le prime analisi, eseguite dal Presidio Multizonale di Prevenzione della
Azienda USL 7, evidenziarono concentrazioni dei metalli cadmio, piombo e
zinco, mediamente superiori ai valori fissati dalla tabella 1A allegata al Decreto
Ministeriale 471/99 (Valori di concentrazione limite accettabile nel suolo e
nel sottosuolo - Suoli ad uso Verde pubblico, privato e residenziale), mentre gli
rilievo dello stato attuale e batimetria
idrocarburi policiclici aromatici (IPA) superarono il limite per i siti ad uso commerciale/
industriale.
La seconda campagna d’indagine, finalizzata alla caratterizzazione del canale
d’accesso al porto commerciale e del bacino di manovra, fu effettuata dalla società
ECOS s.r.l. nell’anno 2004 su incarico dall’Assessorato dei Lavori Pubblici della Regione
Sardegna. Lo spessore dei sedimenti analizzati era compreso fra 1,70 e 3,70 metri
ed erano caratterizzati da una colorazione nera o grigio scura, dovuta anche alla
polvere di carbone, come dimostrato sia dall’analisi mineralogica che dal potere
calorifico.
I risultati analitici confermarono quanto detto in precedenza. Gli esiti di alcuni
sondaggi rivelarono un livello di contaminazione da metalli pesanti (Cd, Hg, Pb,
Zn) superiore ai limiti d’accettabilità previsti per i siti industriali, definiti dal D.M.
471/99. Si riscontrò inoltre una riduzione della concentrazione dei contaminanti
nei livelli più profondi, eccetto che per lo zinco. Non vennero individuati PCB, TBT,
Amianto, Diossine e Furani. La concentrazione degli idrocarburi risultò sempre
inferiore ai limiti previsti dalla tabella 1°, allegato 1 al D.M. 471/99. Le analisi
microbiologiche effettuate nelle sezioni più superficiali non rilevarono indici
significativi di contaminazione. Gli esiti delle analisi ecotossicologiche erano tutte
favorevoli.
4. Campionamento e analisi (2007)
La campagna di campionamento del fondale marino dell’area portuale di S.
Antioco venne effettuata secondo le linee guida specificate nel documento ICRAM
citato in precedenza.
Oggetto di indagine fu una superficie di circa 70 ha, escludendo l’area caratterizzata
nel 2004. Le stazioni di campionamento erano collocate adottando una maglia
di ampiezza 150 x 150 m. Le 42 carote di sedimento prelevate (Figura 1)hanno
lunghezza massima di 3 m, non sempre raggiunta a causa della litologia del
fondale. Per ogni carota venne compilata una scheda contenente la descrizione
stratigrafica unitamente alle informazioni di: colore, odore, tipologia dei sedimenti,
grado d’idratazione, presenza di frammenti conchigliari, presenza di residui e
materiale organico, presenza di strutture sedimentologiche. Completata la fase
di analisi descrittiva, ove possibile si procedette alla suddivisione della carota in
trance, secondo gli intervalli 0 - 20 cm, 30 - 50 cm, 100 - 120 cm, 180 - 200 cm
e 280 - 300, misurate a partire dall’alto. Su ciascuna sezione si misurò il pH e
potenziale di ossido riduzione.
Furono prelevati dunque i campioni da destinare alle analisi chimico-fisiche,
eseguite presso laboratori pubblici abilitati e secondo i protocolli nazionali e/o
internazionali (IRSA/CNR, EPA, ISO, etc.).
5. Risultati del piano
La granulometria dei sedimenti è mediamente sabbioso - pelitica con una
componente organica algale e conchigliare. Il potenziale redox evidenzia condizioni
più riducenti generalmente negli strati più superficiali. Il pH varia tra 6,8 e 9,4 ed
ha valore medio pari a7.5. Il peso specifico dei sedimenti varia tra 1,3 e 2,8 g/
cm3, con valore medio pari a 1,9 g/cm3. I pesi specifici più bassi si riscontrano nei
livelli superficiali, dove la componente organica è maggiormente elevata.
Per quanto concerne la concentrazione di Azoto e Fosforo, si riscontrano valori medi
pari a 977 mg/kg e 17.6 mg/kg rispettivamente, con andamenti generalmente
decrescenti con la profondità. Non è stata riscontrata la presenza di idrocarburi
pesanti e leggeri, IPA, PCB, esaclorobenzene, BTEX, diossine e furani. E’ evidente
invece la contaminazione dei sedimenti da metalli pesanti, in particolare As, Cd,
Hg, Pb e Zn. Su questi è stata effettuata un’analisi di dettaglio per studiare la
distribuzione spaziale, orizzontale e verticale. Nello specifico si riscontra che:
- L’arsenico ha una concentrazione crescente verso i livelli più profondi al
contrario di piombo, zinco, cadmio e mercurio.
- Arsenico e mercurio presentano concentrazioni mediamente inferiori alle
concentrazioni soglia di contaminazione per siti ad uso commerciale (D.Lgs.
152/2006 Tab. 1A), a differenza di Pb, Zn e Cd che presentano livelli elevati
fino a profondità di 100 - 120 cm.
La contaminazione da As è presente specialmente nel settore meridionale
dell’area portuale. Nel complesso la diffusione areale e la concentrazione
aumentano con la profondità. Nei sedimenti sabbiosi del livello 180-300
cm si riscontra la maggiore estensione della contaminazione. La maggiore
concentrazione di arsenico nei sedimenti più profondi potrebbe essere legata
alla presenza naturale di tale elemento nelle rocce vulcaniche che bordano il
bacino portuale.
Per quanto concerne i contaminanti Cd, Hg, Pb e Zn, si osserva una diffusione
areale della contaminazione continua, che interessa gli strati superficiali dei
sedimenti marini.
Un’area particolarmente contaminata da Cd, Hg, Pb e Zn è quella localizzata
lungo il canale navigabile, in corrispondenza dell’ex stabilimento Seamag. In
questo settore portuale, alla profondità compresa tra 100 e 120 cm, si rilevano
concentrazioni di Cd, Hg e Zinco che superano il limite della tabella 1B del
D.Lgs. 152/2006 (CSC per siti ad uso industriale).
I saggi eco-tossicologici mettono in evidenza un livello di tossicità
prevalentemente “assente”, e solo in alcune stazioni di classe “media” (in
corrispondenza del canale navigabile).
Il test di crescita algale (dunaliella tertiolecta) ha evidenziato un effetto tossico
su 10 campioni ed un effetto eutrofizzante su 11 campioni.
Le analisi microbiologiche non hanno evidenziato contaminazioni in nessun
campione. Dallo studio effettuato, ed in particolare dai risultati analitici delle
matrici campionate, si può affermare che lo stato di inquinamento ambientale
del sito indagato è attribuibile ai seguenti fattori:
1. Sorgenti primarie della contaminazione
- Concentrati di metalli, carbone, oli combustibili ecc., derivanti da attività
svolte in passato;
- Scarti dei processi industriali e di pregresse attività produttive;
- Attracco e transito in porto delle imbarcazioni che svolgono carico-scarico
di mezzi militari provenienti e destinati al Poligono Militare di Capo Teulada
e della bentonite insaccata destinata al Polo Industriale di Portovesme;
- Attività artigianali di rimessaggio e manutenzione delle imbarcazioni che
si svolgono nei due approdi turistici.
2. Sorgenti secondarie della contaminazione
- I sedimenti marini contaminati da metalli presenti nell’area portuale
possono considerarsi sorgenti di contaminazioni, con possibilità di essere
trasportati e ridistribuiti dalle correnti marine o dai natanti che transitano
in queste aree.
3. Percorsi di trasporto e diffusione dei contaminanti
- L’assenza di adeguati sistemi di contenimento dei concentrati di minerali
ha favorito il trasporto delle polveri, sia da parte del vento che dalle acque
meteoriche;
- Le correnti marine inoltre hanno contribuito alla dispersione dei
contaminati e la sedimentazione in aree specifiche, come l’area antistante
la banchina industriale.
4. Bersagli potenziali
Fondale marino, flora e fauna dell’ecosistema marino - lagunare.
componenti stratrigrafiche dell’area
Gestione dei sedimenti di dragaggio
A seguito delle indagini descritte in precedenza vennero svolti ulteriori
campionamenti integrativi nell’area in cui sono previste operazioni di dragaggio
del fondale marino. Questa si trova nella zona di manovra e di attracco della
banchina industriale ed è caratterizzata da una superficie di 5 ha.
Nel 2004 l’area fu oggetto della campagna di campionamento realizzata per
conto della società ECOS, di cui si è accennato in precedenza. Vennero prelevate
21 carote di fondale su una maglia di indagine di dimensioni 50x50m2. Le indagini
pregresse non vennero completate e non venne effettuata la classificazione dei
sedimenti al fine di stabilire la tipologia di conferimento in discarica o l’eventuale
riutilizzo del materiale dragato.
Con l’indagine integrativa era prevista la ripetizione di 3 carotaggi realizzati nel
2004: i campioni BB43 – BB44 – BB45 replicano i carotaggi S6 – S14 – S18
(Figura 3).
Le carote avevano lunghezza variabile da un minimo di 2 m ad un massimo di 2.5
m. Queste vennero suddivise in trance di 50 cm (0-50 cm, 50- 100 cm, 100-150
cm, 150-200 cm, 200-250 cm), ottenendo un totale di 13 campioni.
Risultati dell’indagine
L’esame complessivo dei dati mette in evidenza che esiste una contaminazione
da metalli pesanti, in particolare As, Cd, Hg, Pb e Zn, confermando i dati delle
indagini svolte nel 2004 che dai risultati del piano di caratterizzazione del 2007.
Dal confronto tra i dati relativi alle due campagne di campionamento, si evidenzia
una sostanziale corrispondenza tra i valori di concentrazione dei contaminanti
registrati alle diverse profondità.
Le operazioni di dragaggio prevedono la rimozione dei primi 2 metri di sedimenti
marini, porzione che risulta quella maggiormente contaminata. Il volume
complessivo stimato è pari a circa 100.000 m3.
I sedimenti non possono essere utilizzati per operazioni di ripascimento o
di deposizione in ambienti marini costieri a causa degli elevati contenuti di
contaminanti. Pertanto, in via prioritaria è necessario individuare una appropriata
destinazione dei materiali da dragare.
I test di cessione eseguiti sui campioni di sedimento mostrano che gli eluati
non sono generalmente contaminati da metalli. Tuttavia si registrano elevate
concentrazioni di cloruri che superano i limiti per l’accettabilità dei rifiuti in
discariche per inerti.
I sedimenti sono classificati come rifiuti non pericolosi e ai sensi della Direttiva
CEE 09/04/02 gli si attribuisce il codice CER 17.05.06, fanghi di dragaggio.
Il Manuale per la movimentazione di sedimenti marini (APAT – ICRAM 2006),
suggerisce talune tipologie di gestione dei materiali dragati
I sedimenti, in relazione alle loro caratteristiche chimiche e di tossicità riscontrate,
rientrano nella classe B1, pertanto compatibili con le seguenti modalità gestionali:
1. Riutilizzi a terra;
2. Conferimento in bacini che assicurino il contenimento dei sedimenti,
incluso il riempimento di banchine;
3. Smaltimento in discarica.
Aspetti da approfondire:
1. Definire un eventuale sito di raccolta dei sedimenti, con caratteristiche
idonee al contenimento dei materiali provenienti da una o più aree
portuali in cui siano previste operazioni di dragaggio del fondale marino.
2. Valutare la possibilità di ridurre il volume dei sedimenti da conferire
in discarica attraverso operazioni di selezione granulometrica volte a
separare le frazioni contaminate da quelle non contaminate.
3. Individuare eventuali modalità di riutilizzo dei sedimenti tal quali o
previo pretrattamento, finalizzato a ridurne il grado di contaminazione
(es. scarico in aree marine, ripascimento di arenili emersi e sommersi,
rimodellamento di porzioni della morfometria dei fondali, reimmissione
in mare aperto, recupero per formazione di rilevati e sottofondi stradali,
terrapieni, arginature ecc.).
4. Valutare la possibilità di rimuovere i sedimenti presenti in corrispondenza
del canale navigabile dell’area portuale di S. Antioco, per uno spessore
pari a 1.5m e per i quali le indagini del PdC hanno rilevato elevate
concentrazioni di Cd, Hg, Pb e Zn. Volume di scavo stimato: 50.000 m3.
STRATEGIA DI SVILUPPO URBANO E PORTUALE
GLI OBIETTIVI: PORTUALITA’ E WATERFRONT PER NUOVI MODELLI DI
SVILUPPO.
I quadri della conoscenza di S. Antioco possono essere interpretati secondo un
sistema di obiettivi generali, e in parte anche specifici, da porre a base di ogni
futura impostazione progettuale della riqualificazione del waterfront:
1. S. Antioco ha evidenziato una forte sproporzione tra l’importanza delle
sue risorse storico culturali e la consapevolezza e l’uso che le riguarda. La
condizione deplorevole di un monumento come il ponte romano ne è l’emblema.
La straordinaria dialettica paesaggistica tra il “luogo alto” del tophet e i vasti
paesaggi lagunari del ponte basta a raccontare l’insediamento fenicio-punico e
romano, mentre il nucleo storico dell’abitato è una testimonianza (con Calasetta
e Carloforte) della qualità del ripopolamento sabaudo del ‘700. Un primo
obiettivo può dunque essere descritto come rafforzamento della dimensione e
dell’attrattività storico-culturale e paesaggistica della città e del suo territorio.
2. S. Antioco si è sinora caratterizzata per un rapporto “non progettato” tra la
sua struttura urbana, ricca di valori storici e ambientali e sostanzialmente
integra, e la sua riva lagunare. Come abbiamo documentato più sopra, S. Antioco
moderna non ha una proiezione prevalente sul porto, e ciò spiega la precarietà
di alcuni assetti. La S. Antioco del terzo millennio deve superare tale precarietà
riqualificando il waterfront sia nella porzione a diretto contatto con la città storica
(luogo privilegiato dell’identità culturale e paesaggistica) sia nella nuova linea di
riva che congiunge la città all’istmo. Sinora questa lunga fascia è stata solo una
casuale colmata, mentre può e deve diventare un valore aggiunto per il porto
e la città. Un ulteriore obiettivo è quindi il rafforzamento della relazione città-
waterfront;
3. Il rapporto di S.Antioco con l’istmo è evoluto radicalmente, in corrispondenza
della trasformazione di quest’ultimo da esile fascia di connessione quasi “naturale”
nel settore più pesantemente infrastrutturato. Sinora questa infrastrutturazione
costituisce in parte un detrattore, per la sua estraneità alla città, per la sua
inefficienza e per utilizzi distorti. Un obiettivo fondamentale è quindi riconvertire
l’istmo da vincolo in opportunità, essenzialmente mediante:
3.1. nuove infrastrutture di qualità - per esempio, un ponte più alto e leggero
che formi un nuovo Landmark paesaggistico;
3.2. migliori connessioni trasportistiche, quali una razionalizzazione della
circonvallazione dell’abitato;
3.3. un efficiente sistema portuale, composto dal porto lagunare, servito da
un canale attraversabile da imbarcazioni di dimensioni adeguate, e da un porto
“a mare” riconfigurato;
3.4. la bonifica (prioritaria) della ex zona industriale e la sua riqualificazione
in relazione alla zona umida adiacente, ad alto pregio ambientale, anche come
possibile compendio turistico fortemente integrato al porto esterno ed alle sue
attrezzature;
4. S. Antioco si caratterizza ancora per la eclatante sproporzione tra potenzialità
turistiche ed utilizzi effettivi. In questo senso, l’obiettivo consiste proprio nello
sviluppare l’uso turistico culturale-ambientale con una impostazione insediativa
essenzialmente “urbana”, che eviti il costituirsi di enclaves territoriali disperse e
autosufficienti e preveda invece
4.1. l’uso del nucleo abitato storico con forme di “albergo diffuso” e simili
4.2. nuovi insediamenti che costituiscano “addizioni urbane” a sud e a nord
dell’abitato, ed a questo integrate.
IL PROGETTO
Nella ricerca contemporanea di nuovi modelli di sviluppo per l’area del Sulcis
Iglesiente, il centro di S. Antioco può giocare un ruolo di grande importanza e
singolarità, un ruolo che a partire dal suo passato, sia remoto che recente, la
possa mettere in grado oggi di immaginare un possibile futuro.
Per questo, un buon motto per il lavoro da fare potrebbe essere quello di
‘aggiustare quello che già esiste’ nel senso di ‘rimettere in ordine’. Questa
strategia parte dalla considerazione che oggi il bene ‘natura’ è l’unico che non
possiamo riprodurre a nostro piacimento e che il suo consumo deve essere
perciò fatto con un utilizzo parsimonioso e accurato. Allo stesso tempo però non
potendo e non volendo rinunciare a quanto di ‘artificiale’ abbiamo bisogno di
costruire per vivere pienamente il nostro tempo, è buona regola lavorare prima
su quanto si è già fatto, demolendo e ricostruendo dove necessario, aggiustando
dove possibile, sistemando dove i luoghi lo richiedono e alla fine, ma solo alla fine,
anche aggiungendo dove serve.
Da questo punto di vista allora S. Antioco non può non ripartire da quello che di
buono e di meglio conserva come eredità dal suo passato: da una parte il suo
nucleo storico che si aggruma sulla collina, scendendo dolcemente verso il mare
e dall’altra, lontano da esso, la grande infrastruttura moderna della banchina-
carbonile che struttura l’istmo e che segna il passaggio dalla laguna interna al
mare di fuori.
Il centro antico ben arroccato sulla collina conserva ancora oggi tutte le qualità
che un nucleo urbano deve contenere per offrire ai suoi abitanti un buon standard
di vivibilità. Difatti lo spazio pubblico fluisce ordinatamente, dalle strade ben
disegnate verso piazze più rappresentative e verso piazze più piccole o slarghi di
vicinato, dove il quotidiano sembra svolgersi in maniera adeguata alla vita degli
uomini. I caratteri architettonici delle singole abitazioni non sono certo eccellenti,
ma decorosi, e l’insieme funziona bene.
PLASTICO DELLA NUOVA CONFIGURAZIONE URBANA
PORTUALITA’ DIFFUSA LAGUNARE
RECUPERO DEL SISTEMA NATURALE LAGUNARE
E RINATURALIZZAZIONE DELLE AREE DEL PONTE
ROMANO E DELL’ISTMO
IL RECUPERO DELLE
STRUTTURE INDUSTRIALI
MOLO DI SOVRAFLUTTO
STRATEGIA DI RIQUALIFICAZIONE DEL SISTEMA PORTO-CITTA’
La qualità di questa parte, squisitamente urbana, potrebbe facilmente essere
implementata con la istituzione di una sorta di ‘commissione di ornato’ che, a
mano a mano che si renda possibile, si pone l’obiettivo di alzare la qualità delle
costruzioni (balconi, infissi, dettagli, materiali di rivestimento, ecc…). Inoltre, la
prossimità al nucleo storico di importanti ritrovamenti archeologici, invita allo
studio per l’inserimento negli intorni di possibili nuove edificazioni di servizi
pubblici o anche di strutture ricettive, compatibili con le esigenze di tutela del sito
stesso; non a macchia d’olio ma puntuali, caso per caso.
In ultima analisi si tratta di mettere in atto delle azioni capaci di consolidare il
nucleo storico con una serie di progettazioni a piccola scala che ne possano
esaltare il senso di urbanità e di centralità già presenti nel sito.
Nello stesso tempo il centro storico dovrà cercare anche di definire, dal punto
di vista architettonico, il suo rapporto con la laguna già formalizzato dai lunghi
cannocchiali prospettici formati dalle sue strade, che dall’alto della collina portano
verso l’acqua, ma che non trovano ancora una definizione pubblica soddisfacente
proprio nella loro parte terminale.
La grande infrastruttura della banchina-carbonile fa da contrappunto al centro
città, da esso abbastanza distante ma fortemente presente sul territorio, posta
come una sorta di sentinella che presidia l’istmo, tra il mare di dentro e il mare di
fuori. Oggi, il suo modesto utilizzo e il suo conseguente abbandono, danno ancora
di più l’idea delle sue grandi dimensioni, che ci ricordano del suo glorioso e florido
passato, con le tante attività industriali e commerciali che l’avevano generata.
Talmente grande per il sito è la struttura realizzata all’epoca, che se vogliamo
darci un’idea, basti pensare che potrebbe contenere sul suo sedime gran parte
dell’intero nucleo storico di S. Antioco.
Nella contemporaneità questa parte di città ha preso le sembianze di un’area
dismessa, che seppur non del tutto abbandonata, ma debolmente vissuta con
piccole attività commerciali ed industriali, cerca ancora un suo presente che
possa farla rientrare a pieno titolo nei fenomeni urbani contemporanei, in quei
fenomeni capaci di portare benessere e progresso per i cittadini.
L’area si trova in un punto molto delicato del territorio di S. Antioco e funge quasi
da baluardo tra la fine della città e l’inizio della campagna con la sua vasta zona
umida verso le coste del mare esterno. Per questa sua posizione strategica,
visibile e delicata allo steso tempo, qualsiasi progetto di trasformazione si voglia
intraprendere in esso, ha bisogno di grande consapevolezza e competenza. Certo
che la prima questione da affrontare e risolvere è il destino dell’area dell’ex
Sardamag ed è indispensabile che si possa eliminare dal sito qualsiasi sostanza
inquinante per poterne immaginare una nuova possibile destinazione.
Con l’apertura dell’istmo e con la realizzazione del canale navigabile dal mare di
fuori alla laguna interna, si è realizzato in epoca relativamente recente un nuovo
ponte, che assolve la sua funzione tecnica di collegare le due sponde dell’istmo,
ma che ci ammonisce sulla possibilità di risolvere, in questi siti, questioni
infrastrutturali inerenti lo sviluppo dei territori con gesti solo tecnici.
Difatti il ponte unisce tecnicamente, ma condanna il luogo a diventare una sorta
di periferia urbana, separando il sotto dal sopra, costringendo lo straordinario
ponte romano a divenire una stupida rovina attaccata alla nuova infrastruttura,
ed inibendo alla stessa di strutturare formalmente il passaggio lagunare che le è
proprio. Inoltre, il punto di arrivo sull’isola, troppo vicino al lungomare, degrada
quest’ultimo e rende poco funzionali gli accessi alla città, tagliando fuori le aree
ex Sardamag.
Come è noto, è in corso la discussione sulla scelta se risolvere il collegamento
sull’istmo con un tunnel o con un nuovo ponte, con un diverso e più efficiente
tracciato e con un’altezza sul canale che consenta il passaggio delle più importanti
imbarcazioni compatibili con la profondità del canale stesso.
Il tunnel costituisce senz’altro un collegamento veicolare efficiente e,
apparentemente, “invisibile”. Tuttavia, esso ha il limite di segnare una barriera
irreversibile per i pedoni e per le biciclette, di interrompere cioè quel passaggio
naturale delle persone, che rischierebbe di costituire uno sbarramento anche
psicologico molto forte e non giustificato.
Un nuovo ponte “di qualità” può essere invece la soluzione ideale, adatta
a qualunque tipo di transito veicolare e nello stesso tempo socialmente e
funzionalmente compatibile con un utilizzo più “amichevole” da parte della
comunità. Per questo nuovo ponte occorre anzitutto definire un nuovo tracciato
che:
a. definisca meglio, nell’istmo una sponda nord, naturale e culturale, con la
riva sulla laguna ed il ponte romano riqualificati e messi al centro di un
nuovo progetto di paesaggio;
b. delimiti con precisione a sud l’area portuale, come zona ad alto tasso di
infrastrutturazione e di “artificialità”;
c. definisca, all’ingresso sull’isola, l’attacco della nuova, efficiente
circonvallazione della città;
d. inglobi in questo modo le aree ex Sardamag, che possono contribuire
fortemente a riconfigurare il limite sud dell’abitato e del sistema portuale,
con destinazioni ad alto valore aggiunto (alberghiere innanzitutto, ma
anche legate ad altri servizi alla città;
Potrebbe trattarsi di un ponte che oltre a contenere la strada veicolare preveda
anche un attraversamento ciclopedonale ad un’altezza dalla quota dell’acqua di
circa 20 metri per permettere il passaggio nell’istmo di barche con alberi fino a
questa altezza. L’attraversamento ciclopedonale, con apposite piazzole di sosta,
a questa altezza, sarà esso stesso uno spettacolo unico sul paesaggio che lo
circonda, una indimenticabile esperienza.
Alle istituzioni pubbliche compete senz’altro l’onere di realizzare questo
collegamento tecnico, efficiente e anche dotato di una adeguata qualità
paesaggistica in sé e per sé. Peraltro, nel quadro di un possibile ripensamento
per una nuova portualità, che risponda alle esigenze di crescita di tutta l’area, la
struttura del ponte potrebbe diventare invece una straordinaria macchina urbana,
alla scala delle altre infrastrutture che il sito offre (la banchina, il silos, la centrale
elettrica), una sorta di ponte abitato, visibile anche da lontano, come una porta
di ingresso, di ‘point de repère’, che guarda verso le immense vedute a perdita
d’occhio, verso il golfo di Palmas, e che invita ad entrare in laguna verso il mare
interno, verso S. Antioco, verso Calasetta, verso Carloforte e i suoi intorni.
Nello stesso tempo il ponte, oltre ad essere un ottimo elemento di collegamento,
potrebbe essere in parte edificato con strutture di servizio al porto stesso,
prevedendo magazzini, uffici, foresterie, ristoranti, balere ed altro, da realizzare a
mano a mano che questi si rendono necessari al buon funzionamento della nuova
struttura portuale, implementandone il valore e decretandone il successo.
Un ponte che sapientemente edificato sia in grado di creare un insieme
architettonico fatto di pieni e di vuoti, che ben calibrati non formino una barriera,
ma un intrigante gioco di luci e di ombre in cui lo sguardo dell’uomo possa
penetrare e perdersi alla stessa maniera dei raggi del sole così generoso in questi
luoghi.
La nuova linea della riva lagunare
Una volta sistemato il centro antico e riconvertita la grande banchina-carbonile
alle nuove funzioni portuali, la cittadina di S. Antioco sarà nella condizione di poter
immaginare il proprio futuro a partire dalla sua identità.
L’antico, con il suo centro storico, e il moderno, con il suo nuovo porto, trovano la
sintesi ed il naturale complemento nella lunga lingua della riva lagunare, formatasi
negli anni con successive colmate. Oggi, con la sua notevole dimensione di circa
un chilometro di lunghezza, questa riva è in grado di connettere fisicamente le due
città (centro storico e nuova cittadella portuale), con uno spettacolare spazio di
lungo riva a disposizione per immaginare e realizzare una possibile crescita futura.
Stiamo parlando difatti, di un’area quasi completamente inedificata, delimitata
da un lato dalla riva lagunare e dall’altro dai retri della nuova edificazione che dal
centro a mano a mano ha riempito tutto lo spazio, fino all’area della ex Sardamag.
Se la riqualificazione della struttura portuale, dovesse portare di nuovo prospettive
lavorative ed economiche notevoli, come la storia di S. Antioco ha già sperimentato
nel suo recente passato, creando benessere e progresso, si potrebbe immaginare
anche la costruzione di un vero e proprio waterfront urbano, che in questi luoghi
non ha mai assunto una chiara configurazione formale.
Un fronte a mare, completamente nuovo, da immaginare a partire da quanto fatto
in altri centri simili affacciati sul mare, ma studiato e conformato per l’unicità e i
caratteri specifici che appartengono a S. Antioco.
Un fronte a mare da progettare nelle linee e nei volumi, nelle forme e nei caratteri,
capace di realizzare una nuova parte di città, con residenze e servizi adeguati alla
nostra contemporaneità.
In attesa che la nuova struttura portuale si realizzi e vada a regime creando le
condizioni indispensabili per la realizzazione di un vero e proprio waterfront, tutta
la linea di riva lagunare può già da oggi essere ripensata e riprogettata.
E’ necessario definire già da oggi una nuova conformazione che riveda e ridisegni
forma e funzioni dell’intero spazio libero che insiste sull’area, a partire dalla
viabilità e dai parcheggi delle vetture fino all’attracco delle barche lungo la riva. In
questo nuovo lungomare, riorganizzato e architettonicamente definito, potrebbero
trovare posto una moltitudine di attività stagionali con la realizzazione di padiglioni
temporanei, vere e proprie piccole architetture in grado con le loro nuove forme di
attrarre turisti e cittadini, a partire dalla loro presenza e novità.
Una nuova attività alberghiera
E’ indispensabile immaginare per questi luoghi un plausibile e sostenibile
sviluppo, anche attraverso un’attività alberghiera più adeguata ai nostri tempi.
Il nuovo assetto di S. Antioco, proprio ideato a partire dalla identità dei luoghi,
potrebbe offrire diverse soluzioni al problema differenziando fortemente l’offerta.
Partendo dal presupposto che un’offerta alberghiera diffusa esiste già e che
eventualmente andrebbe implementata e razionalizzata, è necessario aggiungere
ad essa una nuova offerta di tipo completamente diverso e che non entri in
concorrenza con essa. Si possono immaginare almeno tre nuovi scenari ricettivi
per la nuova S. Antioco.
Una prima possibilità potrebbe essere quella di realizzare una o più strutture
alberghiere di qualità a ridosso del centro antico, nelle vicinanze delle aree
archeologiche. Strutture alberghiere a basso impatto architettonico, conformate
ai caratteri del centro antico, con solo uno o due livelli e con possibilità di
giardini privati che trovano la loro principale ragione d’essere nel realizzarsi nelle
immediate vicinanze della parte più antica e preziosa della comunità, l’area
archeologica. Una struttura ricettiva di altissima qualità, unica ed irripetibile che
proprio a partire dal suo antico passato ne propone oggi un nuovo presente.
Una seconda possibilità è legata alla costruzione del nuovo ‘ponte abitato’.
Nella prospettiva che il nuovo porto implementi l’offerta della cantieristica e del
diportismo sarà necessario prevedere strutture ricettive per equipaggi e lavoratori
e in generale per parte del personale che lavorerà e graviterà nella rinnovata
struttura portuale. Le parti edificate del ‘ponte abitato’ potrebbero contenere una
o più strutture ricettive con diversi livelli di offerte in maniera da soddisfare varie
esigenze economiche e di confort. Infine un’altra possibilità ricettiva puntuale
potrebbe realizzarsi in un’area molto particolare della nuova pianificazione.
La nuova struttura del ‘ponte abitato’ rettificando il sedime stradale, libera
completamente e delimita formalmente la grande area della ex Sardamag. Per
questa area è in corso di realizzazione una sua completa bonifica, che una
volta ultimata restituirebbe alla città un terreno straordinario per importanza
e collocazione. E’ chiaro che un’area del genere - basta pensare che potrebbe
contenere per intero il centro antico -, una volta riconsegnata alla città, avrà
bisogno di un approfondito studio capace di immaginare per essa un utilizzo
adeguato alla S. Antioco di oggi.
In attesa che questo si compia, con un processo che probabilmente andrà di
pari passo con la possibilità di realizzare anche il waterfront, già da subito si può
segnare questa parte con un intervento puntuale ed eccezionale che ne segnali
la presenza e l’importanza.
Proprio il punto d’incontro tra l’area dell’ex Sardamag con la nuova struttura del
waterfront e con l’inizio della lunga riva lagunare, costituisce l’area ideale per
la realizzazione di una struttura alberghiera unica e puntuale, ad esempio con
due edifici alti. Dal punto di vista architettonico, i due edifici gemelli affiancati,
destinati all’ospitalità, segnano il sito e proprio per la loro eccezionalità rendono
chiaro ed evidente il ruolo che S. Antioco vuole giocare nell’immaginare il suo
futuro prossimo.
Porto Turistico e attracco idrovolanti
L’albergo in “città”
La riqualificazione del lungomare lagunare
L’albergo nell’ambiente
Il risanamento ambientale
Il nuovo ponte
La banchina commerciale e
dell’attività cantieristica
L’albergo sul porto
Il nuovo polo velico e del grande
dislocamento
Nuovo polo alberghiero
le nuovo attrezzature ricettive
del fronte mare
Banchina attrezzata
cantieristica ed industria ittica
Nuovo svincolo di accesso ss 126
Banchina commerciale
cantieristica ed industria ittica
Strutture ricettive alberghiere
piazzali e aree rimessaggio imbarcazioni
di lusso
nuova circonvallazione
Porto turistico per 174 posti
barca dedicato alla vela e al grande
dislocaento
Riqualificazione laguna
attività di pesca sportiva e di moduli
di allevamento
Il nuovo polo grandi imbarcazioni
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PROGRAMMA DI RIASSETTO E RAZIONALIZZAZIONE DEL SISTEMA PORTUALE DEL SULCIS IGLESIENTE
LAYOUT PORTUALE E WATERFRONT DI CARLOFORTE
Maggio 2012
Provincia di Carbonia Iglesias
Dipartimento di Architettura dell’Università di Cagliari
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CARLOFORTE NEL SISTEMA PORTUALE DEL SULCIS
Introduzione
Carloforte nel sistema portuale sulcitano.
Insieme ad Alghero ma molto più di quest’ultima, Carloforte rappresenta una
delle due enclave culturali non sarde dell’isola, ma anche quelli che possono
essere considerati i due unici e veri nuclei urbani di matrice portuale
della Sardegna. Carloforte, pur nella sua identità culturale ed economica, ha
giocato e gioca, per certi versi oggi, un ruolo basilare all’interno della realtà
economica e territoriale sulcitana. La straordinaria capacità della carpenteria
navale tradizionale e la presenza di flotte sempre numerose e attivissime
non solo nel mare interno, oltre che l’attività peschereccia, hanno supportato,
prima dell’industrializzazione navale e per molti anni anche dopo, l’attività
mineraria, fornendo un agile supporto ai trasporti interni dei materiali di
estrazione. I Carlofortini quindi si adattarono perfettamente, in una seppur
sempre difesa autonomia, al contesto economico e produttivo della regione
rivestendone un ruolo di prim’ordine. La stessa pesca del tonno già diffusa
nel golfo del Leone e nell’arcipelago (le tonnare di Porto Paglia e di Su Pranu
a Portoscuso risalgono alla fine del ‘500 per importazione spagnola) diventò
ben presto una delle attività principali della flotta peschereccia di Carloforte.
In tal senso, lo studio di fattibiltà per il riassetto e la rifunzionalizzazione del
sistema portuale Sulcitano interpreta il ruolo del centro urbano di Carloforte
agendo proprio nel miglioramento dei collegamenti storicamente inscindibili
tra questo e la costa sulcitana riattribuendogli una posizione centrale nel
processo di sviluppo e di rilancio socio-economico del territorio.
Antica colonia fenicia per la sua posizione avanzata nel basso Tirreno, la storia
di Carloforte come città di fondazione inizia solo nel 1737, anno in cui si
completarono le trattative per la sua colonizzazione fra Agostino Tagliafico,
delegato dai Tabarkini, ed il ministro del re Carlo Emanuele III.
Il declino della pesca del corallo, l’eccessivo aumento della popolazione in
una porzione di territorio troppo contenuta, le molestie inflitte dai corsari
e le vessazioni imposte dal Bey di Tunisi e di Algeri, spinse una colonia di
abitanti di Pegli provenienti dall’isola di Tabarka presso Biserta, sulla costa
meridionale dell’Africa, ad abbandonare le loro case per raggiungere l’isola
di San Pietro, poco distante dalla costa Sulcitana e circondata da un mare
ricco di corallo e tonno. Decisione perfettamente in linea con gli interessi del
governo piemontese che, innescando un processo di popolamento in questa
fascia costiera, sperava di assicurarsi un avamposto alle incursioni nemiche
ed un approdo favorevole ai traffici.
La scelta del sito ed il progetto del piano regolatore e degli edifici principali
furono affidati nel 1738 all’ing. De La Vallée. Il modello di riferimento è
la città romana fortificata, la configurazione scelta quella di una stella i cui
Isola di San Pietro in una Carta di inizio secolo
punti estremi coincidono con i bastioni. Ma due anni dopo l’inizio dei lavori i
coloni abbandonarono il cantiere: commercianti e pescatori per tradizione, i
tabarkini non accettavano la realizzazione di un piano che prevedeva le case
dentro le mura e lontane dal litorale, e l’assenza del progetto di un porto.
De La Valleè dovette convenire sulle ragioni della loro protesta, adeguò il piano
ed a partire dal 1741 le case, non più in legno ma in muratura, vennero
disposte sul pendio che degrada verso il mare. Al fianco della città fortificata,
nasce così la città costiera.
Il tessuto urbano, i cui isolati disegnati da una maglia regolare di strade che
segue il terrazzamento del pendio,si estende a poco a poco nelle direzioni
Est Nord-Est rispetto al Castello e, in seguito all’edificazione della chiesa San
Carlo, anche verso Sud.
Alla fine del Settecento l’abitato si allarga anche verso Sud e verso Ovest fino
a raggiungere la configurazione attuale. Durante questo processo sono andate
perdute alcune zone della vecchia cittadella fortificata di cui ormai rimane
ben poco: il Castello, la prima costruzione in muratura, ed un tratto del terrapieno.
Polo indiscusso del tessuto urbano ed esposto ad oriente, il porto non era
soggetto alle grandi mareggiate dal largo ma subiva la forza dello scirocco e
le agitazioni riflesse determinate dai venti nord-e sud occidentali. Inizialmente
venne sfruttato come porto peschereccio e come sbocco commerciale di
interesse locale.
Nell’intento di accrescerne i traffici, il capitano Giovanni Porcile chiese al governo
piemontese che Carloforte, come Alghero e Cagliari, godesse dello status
di città e vi si costruisse un lazzaretto per la quarantena dei bastimenti,
ma Torino rifiutò per evitare l’indebolimento commerciale dei due tradizionali
porti sardi.
Tuttavia nei primi decenni dell’Ottocento la marineria carolina cominciò a
spingersi verso i porti italiani, fino ad allargare poi il raggio dei trasporti commerciali
ad altri paesi mediterranei come la Corsica, Malta ed il Nord- Africa.
Le merci esportate erano prevalentemente sale, vino e formaggio e quelle
importate cereali, stoviglie, laterizi e manufatti vari. Successivamente venne
anche potenziata la flotta, aumentando il tonnellaggio delle imbarcazioni e
dalle tradizionali bilancelle si passò alle più capaci golette e brigantini.
Ma la svolta arriva solo nella seconda metà dell’Ottocento, durante il così detto
periodo eroico della Sardegna (1848-1864). È in questo contesto economico
che Carloforte conquista le funzioni di polo accentratore ed esportatore
di tutta la produzione mineraria del vicino bacino iglesiente, soprattutto in
seguito alla scoperta dei giacimenti calaminari ad alto tenore di zinco (1867-
68).
Mancando strade e pesanti mezzi di trasporto, il porto di Cagliari era, infatti,
svantaggiato mentre gli approdi minerari, troppo soggetti alla forza dei venti
Carta storica del Canale di San Pietro
Isola di San Pietro in una Carta di inizio secolo
di occidente, non erano in grado di accogliere navi di grande tonnellaggio.
Piscinas, Portixeddu, Masua, Nebida, Funtanamare e Portoscuso, tutti gli approdi
minerari che disegnavano il paesaggio urbano dell’arcipelago sulcitano,
assoggettati ad un’intensa industrializzazione con l’impianto di silos, laverie,
fonderie per il deposito ed il trattamento preliminare dei minerali da imbarcare,
dovevano necessariamente avvalersi del porto carlofortino per raggiungere
le sponde della Francia o attraccare a Genova.
Già nell’ultimo quarto di secolo, Carloforte, che esplicava anche una funzione
industriale per via dei traffici alimentati dallo stabilimento per la calcinazione
delle calamine installato sulla Punta S. Vittorio, era così divenuto il secondo
porto di traffico della Sardegna ed aveva in pari tempo raggiunto un’importanza
di prim’ordine nel campo degli scambi con l’estero. Vi passavano in
media dalle 80 mila alle 100 mila tonnellate annue di minerali e metalli, alle
quali di univano cospicue esportazioni di pesce, formaggi, vini pregiati; vi affluivano
inoltre considerevoli importazioni di legnami, laterizi, caldaie, macchinari,
attrezzi e prodotti chimici destinati alle vicine miniere. La confezione
del tonno in scatole e barili, la produzione del sale (circa 70.000 tonnellate
di quintali all’anno) nella salina prossima all’abitato ed altre industrie diverse
concorrono poi all’attivo traffico del porto di Carloforte. Tra le industrie è da
notare l’importante officina Bernard, situata presso il porto, che produceva
macchine a vapore, completi impianti di laverie di minerali e di quanto occorre
all’esercizio delle miniere della Sardegna, non solo, ma anche della Tunisia
e dell’Algeria.
Per dare un’idea della rapida crescita su questo settore basti ricordare che
dagli iniziali 1100 quintali di minerale trasportato nel 1851 si passò nel 1869
a 851.490. Questi numeri erano evidentemente destinati a crescere in epoca
successiva, quando l’attività estrattiva conobbe un ulteriore sviluppo.
Le società minerarie costruirono sul litorale i loro magazzini per lo stoccaggio
non solo dei minerali ma anche dei combustibili, dei macchinari, dei legnami
e di tutti gli altri prodotti legati al lavoro in miniera. Allo stesso tempo la
marineria locale creò una flottiglia di circa duecento bilancelle dalle dieci alle
venti tonnellate di portata che, assieme ad una ventina di barche maggiori
e ad una cinquantina di barche da pesca, assicurò il servizio di trasporto del
minerale grezzo.
Il trasporto ad opera dei marittimi carolini, noti come i “galanzieri”, dalla galanza
nome corrente della galena, si articolava in diverse fasi. Dopo circa 10,
20 miglia i convogli dei battelli, dopo un’intera notte trascorsa in mare, approdavano
sulle spiagge in prossimità delle miniere; caricavano i sacchi di
minerali da 40-50 Kg sui battelli; giunti allo scalo, la mattina seguente si procedeva
allo stoccaggio nei depositi delle diverse società minerarie ed infine il
carico nelle stive della grandi navi.
Tutte queste operazioni si svolgevano a ritmo frenetico sia perché l’equipaggio
(formato da cinque o sei uomini) era pagato non a viaggio ma un tanto a
tonnellata, sia in relazione al fatto che gli approdi erano insicuri e si temeva il
Pianta topografica della Regia Piazza di Carloforte fine XVIII secolo.
In alto schema del sistema fortificato con struttura “a stella”
qui sopra, principali edifici e monumenti della città fondata.
mutamento del mare. Il porto sprovvisto di banchine coincideva ancora con il
profilo del litorale chedalla punta “Spalmatoreddu” si chiude a nord a Tacca
Rossa.
L’operazione era indubbiamente complessa e laboriosa: per questo in occasione
dell’inchiesta sulle miniere svolta da Quintino Sella (1869 – 1870) si
sottolineò l’incidenza notevole dei costi dei trasporti sul prezzo di mercato
del minerale. Tuttavia, col passare degli anni, grazie al miglioramento delle
vie di comunicazione e ad un severo contenimento dei salari percepiti dai
lavoratori, si riuscì a contenere i costi.
Nel 1895 si provvide a banchinare l’insenatura, realizzando a metà del suo
sviluppo un pontile di attracco per navi di medio tonnellaggio e a scavare l’intera
zona acquea adiacente fino a 5m di profondità. Rimaneva il problema di
rendere più sicuro l’ancoraggio delle navi che entravano in rada e si trovavano
esposte ai venti di maestrale e di scirocco. Risalgono agli anni 1907-08 i nuovi
interventi per potenziare lo scalo con un lavoro di dragaggio e nuove banchine
che permetteranno l’approdo di navi da 4000 - 5000 tonnellate. Solo
durante il periodo fascista si completò il prolungamento dei due moli, quello
della sanità a Nord (150m) e quello di San Vittorio a sud (265m) che dettero
al bacino la configurazione attuale.
Il movimento del porto ebbe così un sensibile impulso. Accanto ad esso sorsero
e si svilupparono industrie ausiliari e complementari come cantieri navali
e fabbriche di cordami. Fu realizzata una piccola officina meccanica che in
breve tempo diventò un attrezzatissimo stabilimento metallurgico nel quale
ad un certo momento si contavano fino a 150 operai.
Nemmeno la costruzione di Porto Flavia, che permetteva di caricare direttamente
il minerale sui piroscafi, ridusse il traffico del porto carlofortino peraltro
intensificato dalla politica autarchica imposta dal regime. In alcuni anni si
raggiunsero 200.000 tonnellate.
Il tracollo arriva con la crisi mondiale del ’29 e la successiva svalutazione della
sterlina che resero assai critica la situazione di molte società isolane. Qualche
miniera cessò l’attività, altre ridussero drasticamente la loro produzione,
ed anche il settore dei trasporti subì notevoli ripercussioni.
Lo sviluppo urbano ed economico di Carloforte passò anche, oltre che per
quello minerario del territorio sulcitano e per quello della pesca, per la bonifica
che già nel ‘700 aveva coinvolto le aree paludose che lambivano il nucleo
antico a sud. Per questo motivo l’urgenza delle bonifiche sabaude fin
dal 1770 e successivamente la conversione in saline, oltre che a migliorare
le condizioni di igiene del territorio, introdussero un nuovo impulso produttivo
e di sostentamento. In un primo momento, la gestione venne affidata a
imprenditori locali per passare, gradualmente, nelle mani del Governo, fino
a quando, nel 1840, tutte le saline della Sardegna passarono al demanio statale.
Più tardi, nel 1882 l’Intendenza Generale del Regno bandì un appalto
per la “costruzione di un canale con il suo ponte nelle saline di Carloforte”. Il
canale servì sia a difendere le saline dalle alluvioni sia al trasporto del sale.
Carta di Carloforte del 1898
Carloforte nel 1977
Carloforte nel 1954
Oggi le saline, non più produttive, rappresentano un interessante comparto
ambientale e naturalistico che qualifica l’intero versante meridionale dell’area
urbana.
Sarà necessario attendere l’economia bellica degli anni quaranta per intravedere
una lenta e difficoltosa ripresa; i notevoli cambiamenti intervenuti
nell’economia mineraria iglesiente segnarono anche la fine di un’epoca e della
vocazione economica per il porto carolino. Collegato ai porti di Calasetta e
di Portovesme, meta di importanti flussi turistici, il centro ha oggi nel mare,
come al momento della sua fondazione, la sua principale risorsa.
Struttura urbana
A seguito delle travagliate vicende che segnarono il centro tra settecento e
ottocento, che non consentirono uno sviluppo urbano degno di nota, la principale
preoccupazione era quella delle invasioni dal mare e delle razzie. A tal
fine, il già militare impianto piemontese del nucleo di fondazione fu cinto da
mura fortificate per tutto l’arco occidentale, verso l’entroterra, dotato di una
serie di porte e di fortificazioni più complesse come torri di avvistamento e
fortini.
Tuttavia le sue forme urbane, a differenza degli altri centri costieri sulcitani di
fondazione piemontese, rappresentano l’esito di una mediazione tra la città
fortificata militare piemontese e il borgo costiero medievale: questa maglia
pseudo regolare di orientamento est-ovest, ben strutturata intorno all’asse
di sviluppo urbano principale, tirato tra il fronte porto in corrispondenza tra
il monumento a Carlo Emanuele III e la Chiesa di San Carlo Borromeo, si proietta
proprio verso il mare attraverso una palazzata completa che realizza un
waterfront concluso e compatto verso la marina. Questa maglia, ancora ben
delimitata a ovest dalle mura costruite alla fine del settecento, tende ad assumere
disegno più naturale laddove incontra una orografia più articolata,
quella delle colline a nord-ovest che costringono l’edificato ad inerpicarsi e
ad assumere struttura e spazialità urbane più prossime a quella di un centro
medievale fortificato. L’altro sviluppo urbano, attuatosi con più compiutezza
in pieno ottocento, e soprattutto nella seconda metà, quando il centro
crebbe in dimensioni e abitanti, è quello che segue la direttrice sud tra la
piazza Repubblica, vero baricentro della struttura urbana, e la Piazza Pegli,
ma soprattutto le Saline, compendio ambientale e produttivo di prim’ordine
nel territorio carlofortino.
Carloforte nel 2000
Le aree meridionali, a seguito delle bonifiche, risultarono le più adatte alle
coltivazioni e all’insediamento, per cui la direttrice sud rimase per molto tempo
dominante nel processo di crescita urbana verificatosi soprattutto dagli
inizi del Novecento.
Il Novecento ha visto uno sviluppo importante della cittadina sulcitana corroborato
da una diversificazione economica della regione soprattutto improntata
su attività sempre più orientate verso la produzione industriale, in particolar
modo dopo l’intensificazione del vicino polo di Portovesme e su una
modesta ma sostenuta economia turistica, basata soprattutto sulle proprietà
individuali e sulle seconde case. Il sistema insediativo di Carloforte infatti, a
fronte di una crescita sostenuta ma modesta del suo nucleo centrale, ha visto
soprattutto il proliferare di residenze turistiche verso tutta la costa orientale
dell’isola. Questo oggi garantisce la presenza di un tessuto ricettivo turistico
ormai storicizzato in grado di amplificare enormemente le presenze durante
il periodo estivo rispetto alla popolazione residente (è possibile oggi registrare
anche 35.000 presenze estive a fronte di poco più di 6000 residenti).
tavola della costruzione di nuove forificazioni (1817, prob. de la Vallée)
planimetria della città dentro le mura con l’ubicazione dei monumenti
e l’identificazione dei principali “distretti fondativi”
ricostruzione di Carloforte fortificata alla fine del 700
assetto urbano agli inizi delll’Ottocento
assetto urbano nel dopoguerra
assetto urbano nei primi anni del Novecento
assetto urbano negli anni 70’
assetto urbano nel 2000
mura di cinta
porto pescherecci
calata mamma Mahon
nuovo polo da diporto
molo nord
centro storico
porto commerciale e passeggeri
molo Tagliafico
molo s. Pietro
molo s. Carlo
piazza Pegli
nuova calata di corso Battellieri
diporto
molo di levante
saline
villa Gandolfo
punta Spalmatoreddu
osservatorio
configurazione attuale del costruito e della linea di costa
ortofoto del 2008
vista aerea di Carloforte, (IGEA 2004)
BENI STORICO-CULTURALI E QUADRO DEI VINCOLI
I BENI CULTURALI
L’insediamento stabile a Carloforte, documentato da una cospicua quantità
di ceramica fenicia, nasce verosimilmente nell’VIII secolo a.C., nell’ambito di
un processo di occupazione delle aree strategiche sulcitane finalizzato al controllo
delle vie d’accesso alle risorse metallifere dell’Iglesiente. Si ipotizza che
l’area della torre San Vittorio fosse in quel tempo un isolotto, poi collegato
all’isola maggiore da un tombolo sabbioso. Una compagine favorevole cui si
aggiungeva, a N/E dell’abitato, un buon porto, come sembrano documentare
le vicine saline che hanno restituito numerosi frammenti d’anfore commerciali.
In una zona subito a nord di Carloforte è stato invece localizzato l’insediamento
di età punica, testimoniato dai resti affioranti di un edificio in posizione dominante
(probabilmente tempio di Bashshamem). Quanto alle aree funerarie è
ancora da localizzare la necropoli fenicia mentre parte di quella punica è attualmente
visibile tra il viale Salvo D’Acquisto e la salita Giorgio Rombi, presso
l’innesto di via Porta Casebba.
I Romani continueranno a sfruttare il mare e le saline di San Pietro, lasciando
testimonianze del loro insediamento in alcune tombe trovate in varie parti
dell’isola. Di particolare interesse sono i resti rinvenuti in località Spalmatore
e interpretati come statio militare.
Con la caduta dell’impero romano l’isola di San Pietro dovette essere quasi
completamente abbandonata, come del resto la maggior parte delle zone
costiere, troppo esposte alle incursioni nemiche e ben poco difendibili. Le
uniche tracce del periodo sono le rovine della chiesetta dei Novelli Innocenti
del XIII secolo.
La cittadina attuale nacque nel 1738 in seguito alla concessione dell’isola da
parte del re Carlo Emanuele III a un gruppo di famiglie originarie di Pegli, in
Liguria, ma residenti a Tabarka in Tunisia. Il centro abitato, costruito prevalentemente
in legno a partire dal 1738 secondo un impianto regolare progettato
dall’ingegnere militare piemontese A. Della Vallea, dopo un disastroso
incendio venne rinnovato con costruzioni in muratura che si estesero verso la
marina (giugno 1741).
Nel XIX secolo il porto di Carloforte divenne il punto di raccolta del minerale
Iglesiente e diverse società minerarie istallarono i propri magazzini lungo il
litorale dell’Isola. Allo Spalmadureddu si stivava il minerale della Vieille Montaigne;
a Taccarossa quello di Malfidano, nel sito dove sorge l’Istituto Nautico
quello di Piscinas, dove sono le cooperative dei pescatori quello di Nebida,
allo Stagnetto quello di Masua; mentre presso il “ Palazzo Vecchio” era il deposito
di Coke inglese che le barche trasportavano a Masua per la fonderia
entrata in funzione nel 1862.
Il numero dei marinai dediti al trasporto e allo stoccaggio del minerale, i
galanzieri, aumentò progressivamente ma la loro attività entrò in crisi già ai
primi del ‘900 e la cessazione delle operazioni, già scongiurata nel 1935 quando
l’intervento della autorità locali dissuase la società Pertusola-Ingurtosu
dal trasporto terrestre del minerale, non poté essere scongiurata nel secondo
dopoguerra quando per l’imbarco dei minerali furono adottate tecnologie
più idone e meno costose.
Beni archeologici
I beni interessati da vincolo ministeriale (ex lege n. 1089/39, ricompresa nel
DLgs. 42/2004 art.142, m) sono: Nuraghe Papassina, Torre S. Vittorio: Tempio
di Bashamem, Bricco Del Polpo e Bricco Resciotto, Località Macchione.
Nel territorio comunale sono presenti altri siti di rilevante interesse archeologico
non soggetti a vincolo: Necropoli La Caletta, Necropoli punica La Golfa-
Porta Leone, Tombe Le Commende, Nuraghe Laveria, Nuraghe Le Tanche,
Circolo megalitico La Piramide, Nuraghe presso Bricco Napoleone.
Beni storico-archiettonici
I beni interessati da vincolo (ex lege n. 1089/39, ricompresa nel DLgs.
42/2004) sono: Torre di S. Vittore - Osservatorio Astronomico e pertinenze,
Tonnara in località La Punta, Forte Santa Teresa, Forte Santa Cristina, Palazzo
detto Cineteatro G. Cavallera o Casa del Proletariato, Faro di Capo Sandalo.
Altri quattordici beni sono sottoposti a verifica di interesse culturale (art. 12
DLgs. 42/2004).
Nel territorio comunale sono presenti altri siti di rilevante interesse storico-
culturale che non sono stati sottoposti a verifica di interesse culturale o a
vincolo: Tonnara dell’Isola Piana, Municipio, Cimitero, edifici minerari di Capo
Becco, Punta Nera e Macchione.
Gli areali dei vincoli sono stati rielaborati graficamente in ambiente CAD, avendo
come base la Carta Tecnica Regionale del 1997.
Beni indicati nel PPR soggetti a vincolo paesaggistico
Le Saline di Carloforte (DLgs. 42/2004 art.142 b, i).
I vincoli archeologici
I vincoli apposti interessano quattro aree e sono comprensivi di Decreto Ministeriale,
relazione tecnico scientifica e planimetria del bene con areale di
vincolo.
Nuraghe Papassina
D.M. 17 Marzo 1997
Riassunto della relazione tecnico scientifica
Ricognizioni nel territorio di Carloforte hanno portato all’individuazione dei
ruderi di una struttura nuragica in località Papassina (IGM foglio 232, Isola
S. Pietro, I, S:O:-II N.O., quadrato chilometrico 33-35). Si tratta di un insediamento
fortificato nuragico del tipo a tancato costituito da due torri, una terza
tholos e i resti di una capanna. Il complesso si trova all’incrocio di due vie
naturali che risalgono dagli approdi di fortuna di Cala Vinagra e di Cala Fico.
Inoltre il sito fronteggia l’unico accesso praticabile alla miniere di ocra del
Becco, sfruttata in età antica.
Planimetria del vincolo
In planimetria l’immobile indicato con il settore circolare è sottoposto a vincolo
diretto mentre gli immobili racchiusi nella poligonale esterna sono sottoposti
a vincolo indiretto ai sensi della lg. 1089/39 (divieto di spietramento,
di modifica del quadro vegetativo esistente e di costruzione).
Torre S.Vittorio: Tempio di Bashamem
D.M. 5 Ottobre 1961
Riassunto del decreto di vincolo
Il decreto riguarda il mappale 68 particella A ove hanno sede i ruderi del presunto
tempio di Bashamem.
Planimetria del vincolo
La planimetria di vincolo non è presente, perciò la Soprintendenza Archeologica
di Cagliari e Oristano ha richiesto in data 28 marzo 2007 i file relativi al
Comune censuario di Carloforte all’Agenzia del Territorio.
Bricco Del Polpo e Bricco Resciotto
D.M. 8 Luglio 1991
Riassunto della relazione tecnico scientifica
Sull’altura di Bricco Resciotto esiste: un edificio monotorre in opera poliedrica
a filari irregolari di massi rozzamente squadrati; capanne circolari appartenenti
al villaggio di riferimento. Il rialto nominato Bricco del Polpo ospita invece
un grande edificio nuragico che sembrerebbe d’impianto polilobato e di
tecnica pseudoisodoma a filari abbastanza regolari.
Planimetria del vincolo
In planimetria l’immobile indicato con il colore rosso è sottoposto a vincolo
diretto ai sensi della lg. 1089/39.
Località Macchione
D.M. 10 Ottobre 1991
Riassunto della relazione tecnico scientifica
Sull’altura denominata della Laveria si rinviene un edifico nuragico del tipo
monotorre in opera poliedrica a filari irregolari di massi rozzamente squadrati.
A breve distanza in località Piramide, esiste un circolo megalitico in tecnica
ciclopica di età nuragica.
I vincoli storico-architettonici
Gli edifici sottoposti a vincolo sono: Torre di S. Vittore-Osservatorio Astronomico
e pertinenze (prot. s.n. del 22.05.1957 e n.1 del 11.01.2010), Tonnara
in località La Punta (prot. s.n. del 15.01.1986), Forte Santa Teresa (prot.
s.n. del 02.08.1989) in via Porta Leone, Forte Santa Cristina (prot. s.n. del
04.08.1989), Palazzo detto Cineteatro G. Cavallera o Casa del Proletariato
(prot. n. 4381 del 14.04.1998), Faro di Capo Sandalo (n.116 del 30.09.2010).
Nel territorio comunale sono presenti altri siti di rilevante interesse storico-
architettonico. Per alcuni di essi deve essere effettuata la verifica di interesse
culturale. Essi sono:
1. Villa Gandolfo in via Dei Cantieri snc;
2. Chiesa parrocchiale di S. Carlo Borromeo e Casa parrocchiale;
3. Chiesa o Oratorio della Madonna dello Schiavo;
4. Chiesa parrocchiale di S.Pietro Apostolo;
5. Chiesa di S.Pietro o dei Novelli Innocenti;
6. Mura e Bastioni (generale): Ex Prigioni o Casa del Duca di S.Pietro
anche detto Forte Carlo Emanuele, Fortino Sanità, Fortino S.Carlo;
7. Magazzini Malfitano ora Sede Museo del Mare;
8. Centro Polivalente ex G.I.L. in località Spalmatoreddu;
9. Istituto Magistrale Pagani;
10. Monumento ai Caduti;
11. Monumento a Carlo Emanuele III;
12. Poligono di Tiro T.S.N. 1996 in località Canale del Generale;
13. Complesso Invaso Nasca: Edificio delle pompe e abitazione guardia
no e pompista;
14. Mercato Civico.
Carloforte durante gli anni 30’’ vista dall’osservatorio
Carloforte nel dopoguerra
inizio secolo nel porto
LA CARTA TERRITORIALE DEI BENI STORICO-CULTURALI
LA CARTA URBANA DEI BENI STORICO-CULTURALI
SISTEMA AMBIENTALE E PAESAGGISTICO
Lgs 42/04 Art. n° 137"Bellezze individue" (ex Vincolo 1497/39, art. 1, commi 1, 2)
IL QUADRO PAESAGGISTICO E AMBIENTALE
Ai fini della valutazione della fattibilità preliminare, nella selezione degli scenari
sono considerate le normative agenti nel settore per gli aspetti interferenti
con gli interventi proposti.
Nelle cartografie sono messe in evidenza le perimetrazioni dei siti o gli elementi
lineari o puntuali attraverso su cui agiscono le normative descritte
nella parte seguente.
Le tavole intitolate Tutele 1 e Tutele 2 raggruppano perimetrazioni con forte
pertinenza paesaggistica, legate al D.Lgs 42/2004 ed al PPR; sono state suddivise
per rendere più facilmente leggibili i diversi vincoli con riferimento
all’articolato normativo delle due norme.
Nella tavola Tutele 3 sono riportati i temi di sintesi del PPR, riferiti alla naturalità
ed agli elementi storico culturali.
Nella tavola Tutele 4 sono descritti graficamente aspetti connessi al degrado
antropico.
La tavola Tutele 5 riporta le perimetrazioni degli areali sottoposti a tutela
idrogeologica.
VALUTAZIONE DEL PROGRAMMA PORTUALE PER IL COMUNE DI SAN PIETRO
RISPETTO AL QUADRO PROGRAMMATICO, PIANIFICATORIO E VINCOLISTICO
1.1 QUADRO DI RIFERIMENTO INTERNAZIONALE
1.1.1 CONVENZIONE DI PARIGI (1950)
1.1.2 CONVENZIONE DI RAMSAR (1971)
L’area di progetto è esterna alle aree Ramsar.
1.1.3 CONVENZIONE DI BERNA (19/11/1979)
1.1.4 CONVENZIONE DI BONN (1982)
1.1.5 CONVENZIONE DI MONTEGO BAY (1982)
1.1.6 CONVENZIONE DI RIO DE JANEIRO (1992)
1.2 QUADRO DI RIFERIMENTO COMUNITARIO
1.2.1 LA DIRETTIVA COMUNITARIA UCCELLI (CE 147/09)
L’area di progetto è esterna alle aree ZPS ma prossima ad una di esse (COSTA
ED ENTROTERRA TRA PUNTA CANNONI E PUNTA DELLE OCHE ITB043035).
1.2.2 LA DIRETTIVA COMUNITARIA HABITAT (CEE 43/92)
L’area di progetto interessa a margine l’area SIC: Isola di San Pietro”
(ITB040027).
1.3 QUADRO DI RIFERIMENTO NAZIONALE IN MATERIA DI TUTELA AMBIENTALE
1.3.1 LEGGE QUADRO SULLE AREE PROTETTE (L. n° 394 /91)
L’area di progetto non ricade anche parzialmente in ambiti interessati dalle
tutele disposte dalla L. 394/91.
1.3.2 VINCOLI IDROGEOLOGICI (L. n° 3267/23)
L’area di progetto non ricade nei settori vincolati ai termini della Legge n.
3267/23 e conseguentemente all’art. 142, lett. g del Codice dei Beni Culturali
e Paesaggistici (D. Lgs. n° 42/04 ex L. n° 490/99).
1.3.3 ACQUE PUBBLICHE E PERTINENZE IDRAULICHE
Sono presenti elementi afferenti il sistema idrografico ed idraulico, rappresentati
dalla rete di dreno artificializzata, realizzata all’atto della sistemazione
idraulica dell’area della salina ed alcuni elementi dell’idrografia naturale, urbana
ed extraurbana.
1.3.4 TUTELA DEI CORPI IDRICI (D. Lgs. 152/2006)
Il D. Lgs. 152/2006 all’art. 91 definisce le aree sensibili quale oggetto diretto
di tutela:
Art. 91 - Aree sensibili
Art. 115 - Tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici
L’area di progetto non è interessata da limitazioni e vincoli derivanti dai precedenti
articoli.
1.3.5 SERVITU’ DI USO CIVICO
L’area di progetto non è gravata da Uso Civico.
1.3.6 AREE PERCORSE DA INCENDIO (D.G.R. 23.10.2001 n° 36/46 – artt. 3 e
10 L.353/2000)
Dalle mappature della RAS, disponibili per le date dal 2005 al 2010, sono
state rinvenute notizie di incendio per l’area interessata, ma esse non agiscono
in modo limitativo delle proposte progettuali.
1.3.7 CODICE DEI BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI (D.Lgs. n° 42 DEL
22/01/2004 (EX T. U. IN MATERIA DI BENI CULTURALI L. n° 490/99)
Vedi mappa per l’art. n°142.
L’area di progetto è compresa all’interno di zone assoggettate a decreti di cui
alla ex L. 1497/1939.
1.3.8 SITO DI INTERESSE NAZIONALE (D.M. 12/03/2003)
L’area di progetto è esterna al SIN.
1.4 QUADRO DI RIFERIMENTO REGIONALE
1.4.1 PIANO STRALCIO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO
L’area di progetto è interessata da alcune perimetrazioni di pericolo idraulico
del PAI nella versione originale e non sono note varianti successive.
1.4.2 PIANO STRALCIO DELLE FASCE FLUVIALI (2011)
L’area di progetto non è interessata da perimetrazioni di pericolo idraulico.
1.4.3 IFFI INVENTARIO FENOMENI FRANOSI IN ITALIA
L’area di progetto non è interessata da fenomeni censiti.
1.4.4 PROGETTO A.V.I. - AREE VULNERATE ITALIANE – CNR GNDCI
L’area di progetto è interessata da fenomeni censiti in modo marginale e non
significativo
1.4.5 PIANO FORESTALE REGIONALE AMBIENTALE
L’area di progetto non è interessata dalla presenza o dall’adiacenza di ambiti
con destinazione d’uso contrastante a quella proposta nel suddetto piano.
1.4.6 PIANO REGIONALE DELL’ATTIVITA’ ESTRATTIVA DI CAVA(2007)
Sulla base di tale Piano L’area di progetto è totalmente preclusa all’attività
estrattiva di cava (aree rosa) e conseguentemente l’attuazione del Progetto
non sottrae alcuna risorsa potenziale.
1.4.7 NUOVO PIANO REGOLATORE GENERALE ACQUEDOTTI (2004)
L’area di progetto non interferisce geometricamente con il piano in oggetto,
né con coinvolgimento dei percorsi esistenti o di quelli possibili.
1.4.8 PIANO D’AMBITO (2002)
Il Piano d’Ambito non prevede nell’area scarichi a mare.
In entrambi le situazioni, attuale e futura non ci sono interferenze tra il Piano
d’Ambito ed il progetto proposto.
1.4.9 PIANO DI TUTELA DELLE ACQUE (2006)
L’area di progetto, sulla base delle cartografie facenti parte del PTA, è caratterizzata
da una vulnerabilità da alta ad elevata, ma le attività previste, non
sono tipicamente potenzialmente inquinanti e quindi non influenzeranno la
falda quaternaria presente.
Il settore di progetto ospita aree sensibili costituite da acque di transizione.
Non sono presenti attività minerarie o particolarmente inquinanti storiche o
attuali.
I carichi diffusi territoriali di origine agricola e di origine zootecnica sono limitati.
Non sono sottese o comprese aree che includono bacini interessanti acque
destinate al consumo umano.
La sola area di rilievo è costituita dal SIC.
L’area è posizionata sugli acquiferi detritici quaternari ed è vulnerabile per
infiltrazione.
Gli elementi dell’idrografia presenti non sono considerati alla scala del PTA
tra quelli a rischio per il rilascio di sostanze pericolose e così pure il tratto di
costa antistante.
L’area di progetto nel PTA è segnalata in evidenza per vari motivi di criticità.
1.4.10 LEGGE SUI PARCHI REGIONALI - L.R. n° 31/1989
Il settore interessato dal progetto è compreso in ambiti definiti dalla Legge
Regionale n° 31/89 (Riserva naturale).
1.4.11 PIANO STRALCIO DIRETTORE DI BACINO REGIONALE PER L’UTILIZZO
DELLE RISORSE IDRICHE (2006)
Le proposte di intervento non sottraggono superfici agronomiche produttive,
servite da infrastrutture irrigue, o previste, in estensione della rete.
1.4.12 PIANO DI GESTIONE DI DISTRETTO IDROGRAFICO (PGDI) (2009)
I corsi d’acqua presenti non sono considerati tra quelli a rischio per il rilascio
di sostanze pericolose e così pure il tratto di costa antistante.
Alcune criticità sono da segnalarsi per le intrusioni saline derivanti
dall’emungimento delle acque retro costiere.
Il settore è servito dal depuratore comunale di Carloforte.
Le stazioni di campionamento a mare per il controllo della qualità delle acque
costiere, in fronte alla costa riportano dal 2003 al 2008 un indice TRIX elevato
(qualità elevata delle acque).
1.4.13 PIANO DI PREVENZIONE, CONSERVAZIONE E RISANAMENTO DELLA
QUALITÀ DELL’ARIA
Le caratteristiche di qualità dell’aria del settore sono sotto osservazione ed è
prevista l’estensione della rete di monitoraggio della qualità dell’Aria.
1.4.14 PIANO FORESTALE AMBIENTALE REGIONALE (P.F.A.R.)
Il Piano divide la Sardegna in 25 distretti. L’area di progetto ricade all’interno
del distretto “n. 24 – Isole sulcitane”.
I dati d’analisi del distretto sono piuttosto generali e non scendono oltre il
dettaglio del territorio comunale di Carloforte.
Il territorio esaminato ricade totalmente all’interno del distretto 24.
Riguardo ai lineamenti del paesaggio, l’area è cartograficamente descritta
come paesaggio su rocce effusive acide e su piane costiere aperte.
La vegetazione è descritta su tre sistemi potenziali differenti ed in particolare,
come SA 1, SA 12 e SA 29.
Nella “tav. 8 Carta della propensione al degrado fisico del suolo” del P.F.R.A.
nell’area progettuale, tale tendenza, appare molto debole o nulla.
1.4.15 IL PIANO PAESAGGISTICO REGIONALE
Con Delibera del 5 settembre 2006, n. 22/3 L.R. n. 8 del 25.11.2004, art. 2,
comma 1, la Giunta Regionale ha adottato il Piano Paesaggistico Regionale
relativo al primo ambito omogeneo – Area Costiera.
Il progetto proposto ricade, per la parte isolana, nell’Ambito 5 – “Carbonia e
Isole sulcitane” e per la parte in terraferma, nell’Ambito 6 – “Anfiteatro del
Sulcis”.
Il settore di Carloforte è posto nelle aree incluse dal primo stralcio del PPR
(Ambito Costiero) ma il disegno delle mappature posto a base delle zonizzazioni
di fondo non rispecchia con sufficiente dettaglio il reale stato dei luoghi.
Le cartografie del PPR descrivono il settore di progetto come circondato da
Lgs. 42/04 Art. n° 143 e PPR NTA Art. n° 33 e n° 34!Aree protette LR n° 4/07 (Cavita' naturali)
D.Lgs. 42/04 Art. n° 143 e PPR NTA Art. n° 33 e n° 34Aree Protette DPR n° 488/76 Zone umide (Ramsar)
D.Lgs. 42/04 Art. n° 143 e PPR NTA Art. n° 33 e n° 37LR n°23/98 Oasi Permanenti di Protezione FaunisticaD.Lgs. 42/04 Art. n° 143 e PPR NTA Art. n° 33 e n° 36Aree di rilevante interesse naturalistico LR n° 31/89D.Lgs. 42/04 Art. n° 143 e PPR NTA Art. n° 33 e n° 36Monumenti naturali LR n° 31/89D.Lgs. 42/04 Art. n° 143 e PPR NTA Art. n° 33 e n° 36Riserve Naturali LR n° 31/89D.Lgs. 42/04 Art. n° 143 e PPR NTA Art. n° 33 e n° 36Parchi Naturali Regionali LR n° 31/89D.Lgs. 42/04 Art. n° 143 e PPR NTA Art. n° 33 e n° 37Aree in proprietà o gestione EFRS!!!
!!!
!!!
!!!Dir 409/79 CE - ZPS - Zone di Protezione SpecialeD.Lgs. 42/04 Art. n° 143 e PPR NTA Art. n° 33 e n° 34!!!
!!!
!!!
!!!Dir 43/92 CE - SIC - Siti di Interesse ComunitarioD.Lgs. 42/04 Art. n° 143 - Parco Geominerario!!!
!!!
!!!
!!!PARCO GEOMINERARIO D.M. AMBIENTE 265/01D.Lgs. 42/04 Art. n° 143 e PPR NTA Art. n° 33!TERRITORIO COSTIEROD.Lgs. 42/04 Art. n° 143 e PPR NTA Art. n° 33Monumenti naturali istituiti (L.R. 31/89)
D.Lgs. 42/04 Art. n° 143 e PPR NTA Art. n° 33Sistemi a baie, promontori, falesie ed isole minoriD.Lgs. 42/04 Art. n° 143 e PPR NTA Art. n° 33Campi dunari e sistemi di spiaggiaD.Lgs. 42/04 Art. n° 143 e PPR NTA Art. n° 33Aree IBAD.Lgs. 42/04 Art. n° 143 e PPR NTA Art. n° 38, 39 e 40???
???Aree di ulteriore interesse naturalisticoD.Lgs. 42/04 Art. n° 143 e PPR NTA Art. n° 38, 39 e 40
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Aree di ulteriore interesse faunisticoD.Lgs. 42/04 Art. n° 143 e PPR NTA Art. n° 38, 39 e 40Aree di ulteriore interesse botanico e fitogeograficoD.Lgs. 42/04 Art. n° 143LAGUNE, STAGNI, BACINI E LAGHID.Lgs. 42/04 Art. n° 143BACINI ARTIFICIALICANALI E IDROVIE1:
sistemi naturali e trasformati, e ambiti agricoli (attorno all’area urbana a W
e N) e localmente subnaturali, nonché dai sistemi costiero e di transizione.
Gli ambienti, da naturali a semi-naturali, sono evidenziati in verde scuro sono
posti a W all’area urbana.
A sud dell’area urbana è presente il pregiatissimo stagno delle Saline.
Le aree in giallo chiaro, costituite da aree agricole non specializzate costituiscono
il sistema perirubano.
In verde intermedio scuro è evidenziata l’area degli ambiti sub-naturali mentre
in verde intermedio chiaro è riportata l’estensione delle aree a condizione
semi-naturale.
La prima è interessata da ambiti a macchia, localmente evoluta, e rocciai;
mentre la seconda è costituita da ambiti di vegetazione naturale degradata
da vari fattori, oppure da ambiti ex agricoli ed oggi abbandonati, talvolta in
corso di rinaturazione.
La proposta di trasformazione del PPR per l’area costiera esplicitata nei testi
e nella tavola di riferimento, oltre a rafforzare la tutela ambientale, non lede
la continuità degli aspetti insediativi storici e fortifica, riqualificandoli quelli
turistici.
In tale ottica, l’intervento proposto, finalizzato all’ottimizzazione del funzionamento
del sistema infrastrutturale esistente, è coerente con l’ipotesi per
l’ambito proposta dal PPR, ed in particolare con gli aspetti progettuali-programmatici.
1.4.16 PARCO GEOMINERARIO STORICO E AMBIENTALE
L’area del progetto è interna all’area del Parco ma non confligge con esso.
1.4.17 PIANO DI GESTIONE DEL SIC ITB042027 “ISOLA DI SAN PIETRO”
Le attività compatibili con il SIC andranno valutate in modo dettagliato più
avanti nelle considerazioni sulla fattibilità del progetto.
1.4.18 L’ADEGUAMENTO DEL PUP
L’adeguamento del PUP/PTC è attualmente in corso.
Mappa Tutele 1
Il territorio di Carloforte e Isola Piana è protetto da un Decreto di Tutela Paesaggistica
(ex 1497/1939) emanato con D.M. 25 marzo 1966 in modo esteso
ed indifferenziato sul territorio comunale, che oggi agisce come art . 137 del
D.Lgs. 42/2004.
Altresì, sono presenti, come da art . 142 lett. a) del D.Lgs. 42/2004, le fasce di
rispetto costiero, b) di rispetto degli specchi interni, e lett. c) , quelle di rispetto
fluviale, che interessano le aree di fattibilità progettuale.
Le aree definite boschi, lett. g) dell’art. 142, sono mappate in modo impreciso
e comunque non interesserebbero, nella realtà, aree di fattibilità.
Mappa Tutele 2
Con riferimento all’art. 143 del D.Lgs. 42/2004 e art. del PPR n° 33 e 34, il
settore di Carloforte coinvolto dal programma comprende alcune aree di
elevata valenza naturalistica, esplicitamente tutelate ed in particolare il SIC
ITB040027 “Isola di San Pietro”. Ulteriormente, anche se non soggetta a normative
esplicita, è presente un’area IBA (Important Bird Areas) sul settore
delle Saline e sull’Isola Piana.
La legge 31/89 prevedeva una riserva naturale che interessava la totalità
dell’Isola.
Le attività nei settori SIC o in loro prossimità sono soggette a Valutazione di
Incidenza Ambientale.
L’isola di San Pietro costituisce una area di interesse botanico e fitogeografico
ed in particolare, il settore stagnale e le sue pertinenze, pur localmente profondamente
alterati, sono area di interesse naturalistico.
Tutta l’Isola entra in toto nel Parco Geominerario Ambientale e Storico-Culturale,
che non agisce in modo ostativo ma supervede attraverso la disciplina
autorizzativa.
Mappa Tutele 3
Il PPR agisce (art. da 22 a 30 delle NTA) nel controllo della trasformazione del
paesaggio, in gran misura, attraverso la definizione della trasformabilità di
aree a diverso grado di naturalità.
Nel nostro caso, abbiamo solo alcune aree a naturalità elevata poste ad ovest
ed a sud dell’area urbana dove è posizionato l’intervento, e su di esse an
Lgs. 42/04 Art. n° 143 altre aree tutelate storicheCentri di prima e antica formazioneD.Lgs. 42/04 Art. n° 143 altre aree tutelate storiche^_Beni storici e archeologiciPiano Paesaggistico Regionale NTA Art. n° 5 e 9Area delle saline storichePiano Paesaggistico Regionale NTA Art. n° 5 e 9Aree dell'organizzazione minerariaPiano Paesaggistico Regionale NTA Art. n° 5 e 9!!!
!!!
!!!
!!!Parco Geominerario Sorico e Ambientale DM Amb.n° 265/01Piano Paesaggistico Regionale NTA Art. n° 5 e 9Aree della bonificaPPR NTA Art. n° da 22 a 30 (NATURALITA' - PPR)
Aree con forte presenza di ambienti naturali e subnaturali, Macchia, dune e aree umideAree con forte presenza di ambienti naturali e subnaturali, BoschiAree seminaturali, Praterie e spiaggeAree seminaturali, BoschiAree ad utilizzazione agro-forestale, Colture arboree specializzateAree ad utilizzazione agro-forestale, Impianti boschivi artificiali1:
MuraMunicipioTombe SegniTempio PunicoMercato CivicoNecropoli punicaTonnara su PranuForte San VittoreTombe Su StangioniResti di CarloforteMagazzini MalfidanoMonumento ai cadutiTonnara di La PuntaTorre di Porto ScusoNecropoli San GiorgioNecropoli San GiorgioTonnara dell'Isola PianaBlocchi di fortificazioneLegendaD.
dranno elaborate le valutazioni di compatibilità paesaggistica.
Sono presenti alcuni elementi di valenza storica ed archeologica, qui riportati
solo in parte, che agiscono attraverso le core zone, le buffer zone e gli scenari
ed andranno valutati appropriatamente in uno stadio successivo.
Mappa Tutele 4
Alcune mappature riportate nella tavola non hanno, sulla tipologia di opere
proposte, influenza diretta (aree contaminate di Portovesme e di rispetto di
Portovesme. Sito di Interesse Nazionale) ma agiscono condizionando la fattibilità
ad operazioni di valutazione e caratterizzazione.
Le aree estrattive mappate, storiche ed attuali, sono riferimento per eventuale
approvvigionamento di materiali per fini diversi (rilevati, inerti per cls o
colmate etc...) o per messa a discarica di volumi significativi di terreni, purché
compatibili, che si dovessero generare nell’attuazione degli interventi.
08areeIncendiatePerim2009areeIncendiatePerim2010PPR NTA Art. n° 41, 42 e 43Sito industriale di portovesmePPR NTA Art. n° 41, 42 e 43Sito industriale di portovesme fascia rispettoPPR NTA Art. n° 41, 42 e 43Siti amiantoPPR NTA Art. n° 41, 42 e 43categoriadiscariche minerariescaviattivestrcava!(attivestrcavaAree minerarie registrateAREE MINERARIE DISMESSEAree estrattive dismesseAREE MINERARIE DISMESSE (1° E 2° CATEGORIA)
DISCARICHESCAVIAree estrattive di cavaAREE ESTRATTIVE DI SECONDA CATEGORIA (CAVE)
Aree estrattive di minieraAREE ESTRATTIVE DI PRIMA CATEGORIA (MINIERE)
09areeIncendiatePerim2010PPR NTA Art. n° 41, 42 e 43Sito industriale di portovesmePPR NTA Art. n° 41, 42 e 43Sito industriale di portovesme fascia rispettoPPR NTA Art. n° 41, 42 e 43Siti amiantoPPR NTA Art. n° 41, 42 e 43categoriadiscariche minerariescaviattivestrcava!(attivestrcavaAree minerarie registrateAREE MINERARIE DISMESSEAree estrattive dismesseAREE MINERARIE DISMESSE (1° E 2° CATEGORIA)
DISCARICHESCAVIAree estrattive di cavaAREE ESTRATTIVE DI SECONDA CATEGORIA (CAVE)
Aree estrattive di minieraAREE ESTRATTIVE DI PRIMA CATEGORIA (MINIERE)
NTA Art. n° 44 - IFFI Inventario Fenomeni Franosi!(Sito franosoPPR NTA Art. n° 44 - Piano Stralcio delle Fasce Fluviali PSFF (2011)
FASCIAHi5 A_2 (Tempo di ritorno Tr = 2 anni)
Hi4 A_50 (Tempo di ritorno Tr = 50 anni)
Hi3 B_100 (Tempo di ritorno Tr = 100 anni)
Hi2 B_200 (Tempo di ritorno Tr = 200 anni)
Hi1 C (Tempo di ritorno Tr = 500 anni)
Pericolosità di Piena (PAI)
Aree inondabili da piene con portate di colmo caratterizzateda tempi di ritorno di 500 anni.
Aree inondabili da piene con portate di colmo caratterizzateda tempi di ritorno di 200 anni.
Aree inondabili da piene con portate di colmo caratterizzateda tempi di ritorno di 100 anni.
Aree inondabili da piene con portate di colmo caratterizzateda tempi di ritorno di 50 anni.
B1b_PR_FRANEPERICOLOHg1Zone con fenomeni franosi presenti o potenziali marginali.
Hg2Zone con frane stabilizzate non più riattivabili nelle condizioni climaticheattuali a meno di interventi antropici; zone in cui esistono condizioni
geologiche e morfologiche sfavorevoli alla stabilità dei versanti ma priveal momento di indicazioni morfologiche di movimeni gravitativi.
Hg3Zone con frane quiescenti con tempi di riattivazione pluriennali o
pluridecennali; zone di possibile espansione areale di frane quiescenti;
zone con indizi geomorfologici di instabilità dei versanti potenziali;
frane di neoformazione presumibilmente in tempi pluriennali o pluridecennali.
Hg4Zone in cui sono presenti frane attive, continue o stagionali; zone
in cui è prevista l'espansione areale di una frana attiva; zone in
cui sono presenti evidenze geomorfologiche di movimenti incipienti.
Mappa Tutele 5
Il PAI, nelle mappature di pericolosità idraulica del sub-bacino 1, Sulcis, riportava
alcune aree di inondabilità con H1, H2, H3 e H4 per l’abitato.
Non sono note mappature di Pericolosità di Frana o Frane segnalate dal Progetto
IFFI.
Il Piano Stralcio delle Fasce Fluviali (PSFF) non mappa aree di inondabilità.
Accorgimenti, cautele e mitigazioni per la progettazione
Il sistema delle saline e dello stagno di Carloforte, idraulicamente artificializzato,
era gestito per fini industriali salinieri e comunque conserva un valore
ambientale elevatissimo.
Le sue caratteristiche ambientali, estetiche e paesaggistiche sono talvolta
poco curate e meritano una riqualificazione che può andare dal rapporto con
la viabilità esistente ad una attenta gestione del rapporto con la viabilità.
Il sistema dei margini dello stagno di Carloforte, in particolare sul lato del
porto, è completamente trascurato.
In tale area si rende necessario un intervento di riqualificazione e ricostituzione
dell’ambiente naturale.
Una attenzione complessiva poi merita il sistema retrourbano rispetto al suo
stato attuale, alle sue potenzialità ed alle valenze ambientali, paesaggistiche.
Il sistema, attualmente non gestito, ha in proposta una ripresa dell’attività
saliniera.
LegendaPPR NTA Art. n° 44 - IFFI Inventario Fenomeni Franosi!(Sito franosoPPR NTA Art. n° 44 - Piano Stralcio delle Fasce Fluviali PSFF (2011)
FASCIAHi5 A_2 (Tempo di ritorno Tr = 2 anni)
Hi4 A_50 (Tempo di ritorno Tr = 50 anni)
Hi3 B_100 (Tempo di ritorno Tr = 100 anni)
Hi2 B_200 (Tempo di ritorno Tr = 200 anni)
Hi1 C (Tempo di ritorno Tr = 500 anni)
Pericolosità di Piena (PAI)
Aree inondabili da piene con portate di colmo caratterizzateda tempi di ritorno di 500 anni.
Aree inondabili da piene con portate di colmo caratterizzateda tempi di ritorno di 200 anni.
Aree inondabili da piene con portate di colmo caratterizzateda tempi di ritorno di 100 anni.
Aree inondabili da piene con portate di colmo caratterizzateda tempi di ritorno di 50 anni.
B1b_PR_FRANEPERICOLOHg1Zone con fenomeni franosi presenti o potenziali marginali.
Hg2Zone con frane stabilizzate non più riattivabili nelle condizioni climaticheattuali a meno di interventi antropici; zone in cui esistono condizioni
geologiche e morfologiche sfavorevoli alla stabilità dei versanti ma priveal momento di indicazioni morfologiche di movimeni gravitativi.
Hg3Zone con frane quiescenti con tempi di riattivazione pluriennali o
pluridecennali; zone di possibile espansione areale di frane quiescenti;
zone con indizi geomorfologici di instabilità dei versanti potenziali;
frane di neoformazione presumibilmente in tempi pluriennali o pluridecennali.
Hg4Zone in cui sono presenti frane attive, continue o stagionali; zone
in cui è prevista l'espansione areale di una frana attiva; zone in
cui sono presenti evidenze geomorfologiche di movimenti incipienti.
IL QUADRO DELLA PIANIFICAZIONE
Densità residenziale: 127,8 ab/Kmq
IL PROGETTO DI WATERFRONT E DELL’INFRASTRUTTURA PORTUALE
STRATEGIE DI SVILUPPO URBANO E PORTUALE
Il porto di Carloforte rappresenta il baricentro del progetto di potenziamento
e razionalizzazione del sistema portuale sulcitano.
Unico vero “centro di mare”, Carloforte proietta la sua struttura sabauda
settecentesca verso il waterfront attraverso palazzate che rimandava centri di
ben più importanti dimensioni. In effetti questo ruolo è stato spesso coperto
da Carloforte nei secoli passati.
Quello che per gli altri centri appare come un sistema incompiuto, il porto, a
Carloforte “abbraccia” tutto il centro cingendo uno specchio d’acqua definito
e compiuto, il cui lato costruito è tutto il versante orientale dell’insediamento
accentrato.
Tuttavia, proprio alla luce del nuovo ruolo che Carloforte riveste in tale
proiezione di sviluppo territoriale, è opportuno un progetto di razionalizza-
zione portuale e di intensificazione infrastrutturale.
Questa, coerentemente con i processi storici di crescita, avviene infatti
all’interno del porto attuale, che mantiene quasta configurazione da almeno
cinquant’anni.
Tale processo di infrastrutturazione e di riordino portuale prevede la creazione
di nuovi poli diportistici e la costruzione di un nuovo scalo passeggeri
che sposta leggermente il suo asse verso sud rispetto all’approdo attuale che
avviene nell’antico molo Tagliafico.
Questo spostamento, oltre che liberare lo spazio pubblico centrale della
Piazza Carlo Emanuele III e la prospettiva del viale centrale dalla presenza dei
traghetti, consente di riequilibrare tutto il carico portuale verso sud, aprendo
ad una più ottimale funzionalizzazione dell’intero arco di porto.
Tale soluzione offre la possibilità di concludere anche il fronte costruito verso
il porto, attraverso l’inserimento di nuovi volumi ad integrazione e potenziamento
dei servizi portuali (punti ristoro e parcheggi) e di qualche attività
alberghiera.
Viene in sostanza potenziato, lungo il bordo mare, quel sistema di spazi portuali
minori, talvolta residuali e degradati, che dal centro del porto conducono
verso sud, fin sotto l’osservatorio, che viene così considerata testata sud
di uno spazio pubblico pedonale continuo che alterna attrezzature portuali,
aree di servizio e spazi ricreativi.
INTERVENTI INFRASTRUTTURALI NEL PORTO DI CARLOFORTE
L’infrastruttura portuale è costituita da un vasto bacino protetto da due moli
foranei che, peraltro, limitano solo parzialmente, le traversie provenienti dal
1° e 2° quadrante.
Tale conformazione deriva dall’aver costituito per lungo tempo, a cavallo dei
due secoli passati, il porto di riferimento per l’attività mineraria della zona
dell’Iglesiente.
Attualmente le sue funzioni prevalenti sono quelle di collegamento con
l’isola madre con un servizio di traghetti su Portovesme e Calasetta e quelle
dell’attività del diporto nautico caratterizzate peraltro da una forte stagionalità.
Di poco significato economico è l’attività peschereccia. Nel complesso
il lungomare di Carloforte è interessato in un anno dal transito di circa
1.000.000 di passeggeri e 300.000 autovetture.
Per quanto attiene alla nautica da diporto il lungomare tra le radici dei due
moli foranei consente l’ormeggio di circa 650 imbarcazioni delle quali il 36%
di lunghezza inferiore ai 10,00 metri.
Gli interventi infrastrutturali per adeguare il porto alle necessità imposte dalle
predette attività devono quindi essere rivolti alla razionalizzazione degli attracchi
dei traghetti ed alla settorializzazione del bacino portuale per la nautica
da diporto. Tale obiettivo può essere conseguito attraverso più alternative,
la prima delle quali asseconda la scelta di spostare l’attracco dei traghetti
lungo la vasta calata portuale di corso Battellieri, compresa tra il molo S. Carlo
e il canale delle saline . Sulla relativa banchina possono ricavarsi n. 4 attracchi
per traghetti realizzando due allineamenti di briccole di ormeggio collegate
da una passerella, o un sistema alternativo, della lunghezza di circa 70 metri.
La settorializzazione dell’ampio bacino portuale è necessaria per contrastare
le traversie provenienti dal 1° e 2° quadrante che, in determinate condizioni
possono penetrare all’interno del porto attraverso l’imboccatura e per
neutralizzare i fenomeni di risacca che possono generarsi internamente per
l’ampiezza dello specchio acqueo.
Si prevede di raggiungere tale obiettivo realizzando perpendicolarmente ai
due moli foranei una barriera frangiflutti della lunghezza di circa 150 metri.
Oltre le zone di ormeggio è assicurata la presenza di un cerchio di evoluzione
per i traghetti del diametro di circa 300 metri mentre l’infrastrutturazione per
la nautica da diporto nelle due zone laterali ridossate potrà essere realizzata
da parte di privati in regime di concessione. Dovranno inoltre essere realizzate
le sovrastruttura della calata di Corso Battellieri e l’edificio di servizio ed
accoglienza.
Infine si prevede un intervento di escavo subacqueo generalizzato per lo
specchio acqueo interessato dalle manovre dei traghetti. Per ovviare alla
situazione di disagio per i diportisti all’ormeggio, conseguente al moto ondoso
creato dai traghetti nelle loro manovre di evoluzione, sono previsti due
allineamenti di frangiflutti galleggianti che creino un ridosso per le zone destinate
al turismo nautico.
Porto pescherecciPolo diportistico 1Il nuovo polo traghettiBanchina attrezzata
nuovi volumi ricettivi a carattere
urbano e portualePolo diportistico 2Riqualificazione fronte mare
integrazione e completamento
fronte urabno e riqualificazione
dello spazio pubblico
strategia di sviluppo urbano e portuale - planimetria
Oltre alla suddetta ipotesi di assetto portuale che appare, come quella di più
facile fattibilità, la più compatibile col Piano Regolatore vigente, sono state
predisposte due ulteriori alternative che accolgono l’esigenza diffusa di veder
tutto il lungomare urbano destinato alla nautica da diporto ravvisando in tale
attività una delle maggiori fonti di reddito per l’economia carlofortina.
Tale scelta implica ovviamente la necessità di individuare delle ipotesi per
l’ubicazione dei denti di attracco per i traghetti che non incidano sulla destinazione
della banchina di riva per la nautica da diporto. Allo stesso tempo
l’ubicazione proposta dovrà essere tale da evitare gli attuali condizionamenti
sulla vivibilità del centro urbano.
La prima di tali soluzioni prevede di attrezzare per l’ormeggio dei traghetti
una delle barriere frangiflutti prima descritte e, più precisamente, quella radicata
sul molo foraneo Nord.
Tale struttura dovrebbe essere allargata in modo da consentire le operazioni
di accesso ed uscita dei mezzi dai traghetti portando ad una larghezza
di circa 15 metri il piano praticabile della banchina che prospetta sul porto
pescherecci. Gli inconvenienti legati alla praticabilità di tale soluzione sono
fondamentalmente di due tipi. Il primo riguarda il fatto che la zona di evoluzione
dei traghetti verrebbe spostata in prossimità dell’imboccatura portuale
con ovvie ripercussioni negative sulle manovre dei traghetti stessi e con un
continuo condizionamento dell’accessibilità delle imbarcazioni da diporto. In
secondo luogo va segnalata la distanza, pari ad oltre 500 metri, tra gli attracchi
ed il centro abitato, particolarmente pesante per i viaggiatori a piedi e con
bagaglio, e la non facile praticabilità del molo da parte delle autovetture e dei
mezzi pesanti.
La seconda alternativa prevede di realizzare al centro della calata di Corso
Battellieri uno sporgente banchinato di circa 90,00 metri e largo 30 metri
con una testata di 90.00 metri e larghezza pari a 35.00 metri per consentire
l’agevole attracco di quattro traghetti. Ovviamente tutto lo specchio acqueo e
la banchina retrostante la testata sarebbe destinato alla nautica senza soluzione
di continuità se non per i trenta metri destinati all’accesso alla nuova
articolazione degli ormeggi. Dal punto di vista strutturale la soluzione farebbe
ampiamente ricorso all’uso di cassoni galleggianti di dimensioni 15.00*6.00m
(se ne prevede l’utilizzo di 20 unità) disposti in modo continuo sulla parte
della testata mentre la struttura di collegamento prevede di alternare ai cassoni
un solettone praticabile dai mezzi in pannelli alveolari o una struttura
equivalente, per una luce libera di circa 15.00 metri. In tal modo verrà lasciata
un’ampia possibilità di circolazione delle acque interne al porto evitando la
formazione di zone di ristagno. Il piano praticabile consentirà di realizzare,
in fase di accesso ai traghetti, n. 3 corsie di accumulo per complessive 70
autovetture, ed una corsia di transito mentre in fase di deflusso si prevedono
n. 2 corsie di transito. Le due fasi saranno separate da una fascia che alterna
stalli di sosta breve a zone di verde mentre le due dislocamento.
planimetria dell’area portuale allo stato attuale
Molo San Carlo
Calata mamma mahon
Molo San Pietro
Molo Tagliafico
Parco delle saline
cerchio di
manovra d =300m
Polo cantieristico e maestri d’ascia
Punta Spalmadoreddu
Molo Spalmadoreddu
area servizi e parcheggi 300 posti
futuro polo diporto 5
polo diporto 3
banchina attrezzata - rifornimento
natanti
edifici portuali e di servizio
polo traghetti
stazione marittima e servizi - parcheggi
copeerti
polo diporto 2 - darsene storiche
polo diporto 1
polo pescherecci e diporto locale
alaggio imbarcazioni e piccola
cantieristica
espansione polo diporto 4
Spazio pubblico di villa Gandolfo
aree pedonali e zone 30
pontili lignei e banchine attrezzate
aree verdi, parchi
nuovi edifici, riqualificazioni
nuovo layout portuale e fronte mare - planimetria
1
PROGRAMMA DI RIASSETTO E RAZIONALIZZAZIONE DEL SISTEMA PORTUALE DEL SULCIS IGLESIENTE
LAYOUT PORTUALE E WATERFRONT DI CALASETTA
Maggio 2012
Provincia di Carbonia Iglesias
Dipartimento di Architettura dell’Università di Cagliari
2
CALASETTA NEL SISTEMA PORTUALE DEL SULCIS
Introduzione
Calasetta nel Sistema Portuale Sulcitano.
Calasetta è un centro costiero dell’arcipelago sulcitano di circa 2900 abitanti,
adagiato su un aggetto peninsulare a nord dell’isola di Sant’Antioco.Poiché
si trova ad un’altezza superiore ai 10 m s.l.m. ed il fianco occidentale si
rapporta al mare dall’alto di un tratto roccioso si può considerare un centro
di costa alta; d’altra parte “il piano della penisola non ha un andamento
perfettamente orizzontale, ma risulta inclinato da Sud-Ovest verso Nord e
verso Est, sicché questi due lati costieri giungono al mare con una battigia
bassa e sabbiosa. Se si considera poi che su questi due lati si sviluppata parte
più vitale dell’abitato, col porticciolo, la stazione, gli uffici e la strada che lo
collega con Sant’Antioco, si può concludere che Calasetta è un centro di costa
bassa. Pertanto essa presenta questa duplicità di aspetto a seconda che vi
si giunga dal lato occidentale o da quello orientale: nel primo caso appare
quasi arroccata su uno sperone roccioso, con le case addossate alla torre;
nel secondo appare invece distesa su un’area pianeggiante che sale appena
in modo regolare e lieve, come ci si addentra dalla spiaggia verso l’abitato.”
(vedi M. Zaccagnini, Contributi alla geografia della Sardegna, S.T.E.F. Sp.A.,
1972, Cagliari, pg. 130)
L’etimologia del nome non è certa ma l’interpretazione più attendibile è
quella sostenuta dagli abitanti che ne individuano l’origine in Cala di Seta,
e ne cercano la giustificazione nelle “nacchere” che contenevano all’interno
filamenti utili per la tessitura del bisso.
Il profilo costiero è disegnato essenzialmente da tre insenature: Spiaggia
Grande, tra Punta Maggiore e Punta della Salina; Spiaggia della Salina, tra la
punta omonima e Punta di Manca; Spiaggia di Sottotorre, tra Punta di Manca
e Punta del Paese, detta “La Punta” per antonomasia. Sulla costa occidentale
si stagliano i faraglioni di uno dei luoghi più iconografici di questa porzione
di costa: il “Nido dei Passeri” così detto per via dei volatili che vi nidificano.
L’approdo rivolto verso il canale di S. Pietro e con esposizione a tramontana
è costituito semplicemente da un pontile in muratura con fondali adiacenti
inferiori in più punti ai due metri e tuttavia sufficienti al naviglio che frequenta
queste acque. Sino alla fine dell’ottocento il porto coincideva con il profilo
della cala. La costruzione del pontile è infatti successiva al 1887 come attesta
il rilievo planimetrico allegato all’atto di vendita che segna il passaggio
di proprietà della fascia pertinente all’arenile dal Demanio al Comune di
Calasetta. Dai documenti di archivio risulta inoltre che nel 1945 il porto è
stato oggetto di restauro.
Calasetta durante gli anni 50’, foto aerea.
Il collegamento principale avviene tra Calasetta e Portovesme, divergendo
ad angolo su Carloforte. In seguito al raccordo della stazione di Portovesme
alla rete ferroviaria del Sulcis l’importanza del porto ha subito un notevole
ridimensionamento.
La sua caratteristica peculiare è quella di agire da mediatore fra l’Isola di
Sant’Antioco e Carloforte. “Come nel caso di Palau rispetto alla Maddalena
con l’unica differenza che mentre per Palau la mediazione è funzione
essenziale ma non unica, poiché vi affluisce un traffico più complesso, per
Calasetta invece, la cui posizione geografica è meno vantaggiosa ai fini del
commercio, si tratta di una funzione esclusiva.” (vedi A. Mori e B. Spano, I
porti della Sardegna, 1952, Napoli, Tipografia R. Pironti, pg. ?)
L’uso della cala come punto di approdo risale al XIII secolo come si evincedal
Compasso da navegare, il più antico documento che nomina questa cala
indicandola come Porto Barla: “…E se non potete venire all’isola di San Piero
va alla punta dell’isola di Solc di verso tramontana. La quale punta sta al porto
dell’isola San Piero per levante e qui, dentro alla punta ha uno scoglio ch’ede
in terra, e dinanzi lo scoglio sopradetto di lungi III prodesi è lo porto, e lo
detto porto ha nome di Porto Barla…” (vedi Compasso de navegare, f.183
v., in Motzo B.R.: La Sardegna, nel Compasso da navegare del sec. XIII. In
“Archivio Storico Sardo, XX, Cagliari, pp.152 e segg.)
Ma la storia dell’insediamento ha inizio solo nel 1770 come conseguenza di
alcune riforme deliberate in quegli anni dal Ministro per la Sardegna Bogino
e volte principalmente a garantire un incremento demografico mediante il
trasferimento organizzato di gruppi di individui disposti a fondare nuovi centri
e coltivare nuove terre. Il governo Piemontese intendeva così assicurarsi un
maggior numero di soldati ed un aumento di tasse grazie all’incremento della
produzione agraria.
Il primo tentativo di fondazione risale al 1754 su proposta di un gruppo di
greco-corsi, ma fallì immediatamente a causa di un’aspra controversia sortatra
il Comune di Iglesias e l’Arcivescovo di Cagliari, che, in qualità di vescovo di
Iglesias, avanzò diritti di giurisdizione sulla piccola isola. La disputa si concluse
solo con l’atto della Concordia del 21 marzo 1758 che sancì l’assegnazione
dell’isola in commenda all’Ordine di S. Maurizio e Lazzaro in cambio della
cessione di Santadi all’arcivescovo.
Nel 1759 ci fu una seconda richiesta di popolamento. A presentarla questa
volta 45 famiglie di origine ligure, per un totale di 132 persone, residenti
nell’isola di Tabarka e invogliate dai discreti esiti ottenuti da alcuni conterranei
Il quadro delle ferrovie del Sulcis - a lato inquadramento territoriale di Calasetta
con la fondazione di Carloforte nel 1737. A questo gruppo si aggiunsero in
seguito 50 famiglie di piemontesi per un totale di 260 persone.
Si dispose di assegnare a ciascuna famiglia una casa e 2 aratri di terreno
coltivabile adiacenti o disgiunti ed insieme un giogo di buoi, aratro, attrezzi
agricoli e granaglie per il nutrimento e la prima semina. Terra e casa vennero
concesse in usufrutto ai coloni, restavano di fatto proprietà dell’ordine ma
erano comunque ereditabili e cedibili ad estranei dietro pagamento di una
tassa.
Il progetto dell’impianto urbano fu affidato all’ingegnere militare e
luogotenente Belly e si innerva su due percorsi tra loro ortogonali: uno collega
la torre di vedetta costruita nei primi anni del settecento con il porto, l’altro
connette Calasetta con Sant’Antioco. In corrispondenza della sovrapposizione
dei due percorsi il Belly individua lo slargo dello spazio piazza, provvista di un
cisternone probabilmente mai realizzato e di una Chiesa nel lotto poi di fatto
occupato dal Municipio.
Gli isolati rettangolari si stendono sul pendio che dalla piazza degrada
debolmente verso il mare e sono puntualmente disegnati da una
semplicissima rete di percorsi a scacchiera. Le case, tinteggiate a calce nei
colori bianco o pastello, sono ad un piano e provviste di cortile, stalla, orto e
fienile; realizzate in pietra e terra impastata erano chiuse superiormente con
copertura di tegole. Fu previsto un magazzino per i mulini o per la raccolta del
grano di fronte al porto ma venne realizzato solo molto tempo dopo.
Intorno al villaggio d’aspetto quasi orientale, con la sua chiesetta a cupola
che sembra una moschea e la torre di vedetta costiera sulla sommità della
collina, luogo di avvistamento, di difesa, deposito d’armi e caserma, che
domina l’abitato punteggiato case, il paesaggio appare disegnato da estesi
vigneti creati nella piana sparsa di casolari, che suggeriscono la principale
attività produttiva, oggi in parte soppiantata dal turismo.
Mentre a Sant’Antioco predominavano la coltura dei cereali e l’allevamento
del bestiame, a Calasetta l’economia era basata quasi esclusivamente sulla
viticoltura e la pesca. Distinzione questa determinata sia dalle diverse tradizioni
degli abitanti dei due centri che dalle diverse condizioni dell’ambiente fisico
in cui rispettivamente si trovarono ad operare.
I sardi infatti cedettero ai coloni solo i terreni sabbiosi e rocciosi della parte
settentrionale dell’isola perché inadatti alla coltivazione dei cereali.
Veniva inoltre praticata la pesca nella tonnara e negli stagni. Ma questo
duplice impegno non era sufficiente ad assicurare entrate soddisfacenti per
tutta la popolazione di Calasetta. Molti Tabarchini allora presero l’abitudine
di allontanarsi dal paese per dedicarsi alla pesca del tonno lungo la costa
tunisina o quella del corallo lungo la costa della Sardegna.
Nel 1857 il censimento demografico svolto attesta che a Calasetta c’erano
537 unità.
In questo periodo si erano inoltre verificati eventi di fondamentale importanza
per la storia politica della Sardegna e per la sua vita sociale ed economica:
l’emanazione il 6 ottobre 1820 delle chiudende, col quale si voleva dare a
tutta l’isola un nuovo assetto fondiario da ottenersi con l’abolizione della
comunione delle terre, l’introduzione della proprietà privata, l’abolizione
tra il 1851 ed il 1859 degli ademprivi, cioè dei diritti di uso civico di cui la
popolazione godeva per tradizione secolare.
Disposizioni queste che si rivelarono di ben complicata realizzazione e la
loro portata e le loro implicazioni certamente più ampie e più complesse di
quanto i piemontesi avessero immaginato.
L’isola di Sant’Antioco non risentì particolarmente di questi provvedimenti
in quanto il processo di colonizzazione aveva già determinato un’ordinata
divisione e relativa assegnazione delle terre. Allo stesso modo anche il
problema degli ademprivi non si presentava a Calasetta di una particolare
gravità poiché le parti destinate ad uso collettivo e comunitario erano assai
limitate. Tutto ciò trova conferma nella carta del generale De Candia dell’anno
1844, che dimostra come la maggior parte dei terreni fosse già di proprietà
privata e solo brevi aree marginali di Sant’Antioco e Calasetta appartenessero
ancora al Demanio.
Nella metà dell’Ottocento quasi l’intera coltivazione d’uva venne distrutta
dalla crittogama della vite. Come conseguenza molti agricoltori furono
costretti ad emigrare soprattutto nel Nord Africa, e particolarmente in Tunisia
ed Algeria.
Molto probabilmente in questo periodo si verificò anche uno spostamento
verso l’Iglesiente dove in questi anni riceveva un notevole impulso l’attività
mineraria, rimasta in uno stato pressoché latente fino al 1848, anno in cui
fu estesa a tutta la Sardegna la legge piemontese del ’40, che regolamentava
l’utilizzazione delle risorse del sottosuolo a favore degli imprenditori privati.
“E fu infatti soprattutto ad opera dei privati che dall’unica miniera che era
attiva nel 1848 – quella di Monteponi – si giunse a 14 al 1859. Ne derivò un
Calasetta negli anni 40’ - foto aerea.
richiamo di manodopera da tutta la Sardegna”. (vedi M. Zaccagnini, Contributi
alla geografia della Sardegna, L’isola di sant’Antioco. Ricerche di geografia
umana, S.T.E.F. Sp.A., Cagliari)
Nela contempo la Sardegna si trovò coinvolta nella crisi che, innestandosi
in quella che fu la più grande depressione mondiale (1873-1879), colpì
l’agricoltura dell’Europa occidentale in seguito ai progressi tecnici realizzati
nell’ambito delle comunicazioni marittime. La capienza e la velocità dei mezzi
di trasporto consentirono di effettuare notevoli ribassi ai noli, cosicché,
nel giro di pochi anni, la produzione del grano delle Americhe si trovò in
condizione di invadere i mercati europei a prezzi decisamente inferiori.
Oltre ai rischi legati al carattere aleatorio del tempo gli agricoltori dovettero
affrontare anche quelli provenienti dalla concorrenza di mercato.
In questo quadro economico il governo italiano avvia una politica
protezionistica ed inizia quella che fu giustamente chiamata “la guerra delle
tariffe”, in cui ai motivi economici si intersecarono ed unirono anche quelli di
ordine politico, e il cui decorso si protrasse per quasi dieci anni, culminando
negli anni 1887-88 con l’imposizione di una serie di tariffe doganali sui
prodotti dei rispettivi paesi: Italia e Francia.
Il notevole impulso economico garantito alla Sardegna sud-occidentale e
soprattutto all’iglesiente dall’industria mineraria, soprattutto a partire dal
1865 con la scoperta della calamina limitò in parte le conseguenze della crisi.
Il confronto tra il rilevamento effettuato sotto la direzione del generale De
Candia nel 1844 e la pianta attuale dimostra ciò nonostante un’espansione del
centro abbastanza cospicua e coerente con l’impianto iniziale. Bisogna tener
presente che la pianta dell’Ottocento illustra in pratica la situazione iniziale
dell’abitato. Infatti le difficoltà iniziali non avevano consentito un incremento
della popolazione e solo a decorrere dalla metà dell’Ottocento e fino al 1931
ha inizio una crescita costante e graduale che determinò l’occupazione del
piano della penisola nel rispetto dell’impianto originario.
I censimenti rivelano che dopo il 1931 si assiste nuovamente ad una riduzione
della popolazione che ha lasciato invariata la struttura dell’abitato, con l’unica
eccezione data dall’introduzione delle palazzine dell’INA CASA e delle rare
abitazioni private costruite lungo le strade che si addentrano nella campagna
verso le vigne ed in particolar modo lungo l’asse viario congiungente l’abitato
con quello di Sant’Antioco che costituisce la strada principale, la via Roma.
Calasetta 1954
Calasetta 1977
foto del Porto di Calasetta nel dopoguerra. La stazione e la banchina passeggeri
Calasetta agli inizi del Novecento - la via Roma, il porto negli anni 50’.
foto aerea di Calasetta, (IGEA, 2004)
BENI STORICO-CULTURALI E QUADRO DEI VINCOLI
I BENI CULTURALI
Nel territorio di Calasetta, come nel resto della Sardegna, sono presenti testimonianze
di antiche civiltà: insediamenti pre-nuragici, nuragici, fenici (IX - VIII
sec.a.C.) punici e romani (seconda metà del III sec. a.C.).
A periodo del Bronzo medio e del Sub-Bonnànaro risalgono i nuraghi. Presenti
in gran numero nel territorio con funzione di presidio per le aree pascolive
e agricole e le relative vie di accesso.
Alla fase di convivenza pacifica tra borghesia mercantile fenicia ed esponenti
nuragici di alto rango appartengono i bronzetti provenienti dal nuraghe
Sisineddu, mentre tra le attestazioni sufficientemente sicure riguardo la produzione
di sale in età romana sembra rientrare la salina nella località omo-
nima.
Il documento più antico relativo a Calasetta e il Compasso da Navegar del XVIII
secolo. Esso identifica la cala dove il paese sorge col nome di Porto Barla. In
una relazione spagnola del 1737 si menziona Calaseda e in un documento del
1754, relativo a un progetto di colonizzazione, vengono indicati con Calasera
la costa interessata e con Cala di Seta il suo entroterra.
La storia del paese attraverso un momento decisivo nella seconda metà del
‘700, con il programma di ripopolamento della parte settentrionale dell’isola
di S. Antioco deciso dal governo sabaudo subentrato in Sardegna a quello
Spagnolo. Nel 1769 un gruppo di tabarchini chiese al governo sabaudo di
potersi trasferire nell’isola di S. Antioco. Accolta la richiesta, fu incaricato
dell’infeudazione l’Ordine Cavalleresco dei SS. Maurizio e Lazzaro che firmò i
capitoli della convenzione il 6 settembre 1770. Il progetto insediativo fu delineato
secondo un impianto a reticolo dal luogotenente di artiglieria Belly.
La nuova fondazione prevedeva un abitato sviluppato secondo un impianto
ortogonale con il fulcro corrispondente all’attuale Piazza Municipio. Ogni
unità abitativa, da edificarsi con pietra e terra impastata, avrebbe accolto un
cortile, una stalla, un fienile e l’orto; la riserva idrica comune avrebbe trovato
posto al centro della piazza, mentre la Parrocchiale sarebbe stata edificata sul
lato N della piazza medesima. Il controllo del territorio era assicurato dalla
possente torre che ancora oggi domina il centro storico dell’abitato.
La chiesa parrocchiale, intitolata a S. Maurizio, venne edificata nel 1838 in un
sito diverso da quello previsto nel progetto del Belly, per evitare che la sua
mole disturbasse la prospettiva dalla torre. All’ultimo decennio dell’Ottocento,
o al primo del ‘900, risale invece la costruzione del Palazzo Comunale che domina
la piazza principale.
Piano di lottizzazione della spiaggia “Sottotorre” tra 800 e 900
Beni archeologici
Nel territorio comunale non sono presenti beni vincolati (vincolo archeologico
ex lege1089/39, ricompresa nel DLgs. 42/2004 art.142, m). Esistono siti
di rilevante interesse archeologico non soggetti a vincolo: Tomba dei Giganti
Gundua, Tomba Casa Manunza, Nuraghe Mercureddu, Nuraghe s’Ega de Ciredu,
Nuraghe Tupei, Nuraghe Acqua sa Murta, Complesso nuragico Nido
dei Passeri, Nuraghe Sisineddu, Nuraghe Bricco Scarperino, Nuraghe Bricco
delle Piane, Nuraghe Bricchettu, Nuraghe Bricco di Ciotti, Nuraghe Cussorgia
Piemontesi, Villaggio Frau.
Beni storico-architettonici
I beni interessati da vincolo (ex lege n. 1089/39, ricompresa nel DLgs. 42/2004
art. 142, m) sono la Torre Civica o dei Francesi e la Tonnara in località Perdas
Nieddas. Tre beni sono sottoposti a verifica di interesse culturale (art. 12
DLgs. 42/2004).
Nel territorio comunale sono presenti altri siti di rilevante interesse storico
culturale che non sono stati sottoposti a verifica di interesse culturale o a
vincolo da parte dell’amministrazione statale.
Beni indicati nel PPR soggetti a vincolo paesaggistico
Sa Salina (DLgs. 42/2004 art.142 b, i).
la torre civica a Calasetta
IL QUADRO AMBIENTALE
Lgs 42/04 Art. n° 137"Bellezze individue" (ex Vincolo 1497/39, art. 1, commi 1, 2)
IL QUADRO PAESAGGISTICO E AMBIENTALE
Ai fini della valutazione della fattibilità preliminare, nella selezione degli scenari
sono considerate le normative agenti nel settore per gli aspetti interfe-
renti con gli interventi proposti.
Nelle cartografie sono messe in evidenza le perimetrazioni dei siti o gli e-
lementi lineari o puntuali attraverso su cui agiscono le normative descritte
nella parte seguente.
Le tavole intitolate Tutele 1 e Tutele 2 raggruppano perimetrazioni con forte
pertinenza paesaggistica, legate al D.Lgs 42/2004 ed al PPR; sono state suddivise
per rendere più facilmente leggibili i diversi vincoli con riferimento
all’articolato normativo delle due norme.
Nella tavola Tutele 3 sono riportati i temi di sintesi del PPR, riferiti alla naturalità
ed agli elementi storico culturali.
Nella tavola Tutele 4 sono descritti graficamente aspetti connessi al degrado
antropico.
La tavola Tutele 5 riporta le perimetrazioni degli areali sottoposti a tutela
idrogeologica.
VALUTAZIONE DEL PROGRAMMA PORTUALE PER IL COMUNE DI CALASETTA
RISPETTO AL QUADRO PROGRAMMATICO, PIANIFICATORIO E VINCOLISTICO
1.1 QUADRO DI RIFERIMENTO INTERNAZIONALE
1.1.1 CONVENZIONE DI PARIGI (1950)
1.1.2 CONVENZIONE DI RAMSAR (1971)
L’area di progetto è esterna alle aree Ramsar.
1.1.3 CONVENZIONE DI BERNA (19/11/1979)
1.1.4 CONVENZIONE DI BONN (1982)
1.1.5 CONVENZIONE DI MONTEGO BAY (1982)
1.1.6 CONVENZIONE DI RIO DE JANEIRO (1992)
1.2 QUADRO DI RIFERIMENTO COMUNITARIO
1.2.1 DIRETTIVA COMUNITARIA UCCELLI (CE 147/09)
L’area di progetto è esterna alle aree ZPS ma prossima ad una di esse
1.2.2 DIRETTIVA COMUNITARIA HABITAT (CEE 43/92)
L’area di progetto è compresa in un lembo di territorio posto tra 2 aree SIC:
ITB0422209 “a Nord di sa Salina” e ITB042210 “Punta Giunchera”.
1.3 QUADRO DI RIFERIMENTO NAZIONALE IN MATERIA DI TUTELA AM
BIENTALE
1.3.1 LEGGE QUADRO SULLE AREE PROTETTE (L. n° 394 /91)
L’area di progetto non ricade anche parzialmente in ambiti interessati dalle
tutele disposte dalla L. 394/91.
1.3.2 VINCOLI IDROGEOLOGICI (L. n° 3267/23)
L’area di progetto non ricade nei settori vincolati ai termini della Legge n.
3267/23 e conseguentemente all’art. 142, lett. g del Codice dei Beni Culturali
e Paesaggistici (D. Lgs. n° 42/04 ex L. n° 490/99).
1.3.3 ACQUE PUBBLICHE E PERTINENZE IDRAULICHE
Non sono presenti elementi afferenti il sistema idrografico ed idraulico delle
acque pubbliche.
1.3.4 TUTELA DEI CORPI IDRICI (D. Lgs. 152/2006)
Il D. Lgs. 152/2006 all’art. 91 definisce le aree sensibili quale oggetto diretto
di tutela:
Art. 91 - Aree sensibili
Art. 115 - Tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici
L’area di progetto non è interessata da limitazioni e vincoli derivanti dai pre-
cedenti articoli.
1.3.5 SERVITU’ DI USO CIVICO
L’area di progetto non è gravata da Uso Civico.
1.3.6 AREE PERCORSE DA INCENDIO (D.G.R. 23.10.2001 n° 36/46 – artt. 3 e
10 L.353/2000)
Dalle mappature della RAS, disponibili per le date dal 2005 al 2010, sono
state rinvenute notizie di incendio per l’area circostante, e esse non agiscono
in modo limitativo delle proposte progettuali.
1.3.7 CODICE DEI BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI (D.Lgs. n° 42 DEL
22/01/2004 (EX T. U. IN MATERIA DI BENI CULTURALI L. n° 490/99)
Vedi mappa per l’art. n°142.
L’area di progetto è compresa all’interno di zone assoggettate a decreti di cui
alla ex L. 1497/1939.
1.3.8 SITO DI INTERESSE NAZIONALE (D.M. 12/03/2003)
L’area di progetto è esterna al SIN.
1.4 QUADRO DI RIFERIMENTO REGIONALE
1.4.1 PIANO STRALCIO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO
L’area di progetto è interessata dalle perimetrazioni di pericolo idraulico del
PAI per il Rio Tupei nella versione originale e non sono note varianti successive.
1.4.2 PIANO STRALCIO DELLE FASCE FLUVIALI (2011)
L’area di progetto è interessata dalle perimetrazioni di pericolo idraulico del
limitatamente all’area del Rio Tupei, posto a sufficiente distanza dall’area.
1.4.3 IFFI INVENTARIO FENOMENI FRANOSI IN ITALIA
L’area di progetto non è interessata da fenomeni censiti.
1.4.4 PROGETTO A.V.I. - AREE VULNERATE ITALIANE – CNR GNDCI
L’area di progetto è interessata da fenomeni censiti in modo marginale e non
significativo.
1.4.5 PIANO FORESTALE REGIONALE AMBIENTALE
L’area di progetto non è interessata dalla presenza o dall’adiacenza di ambiti
LegendaD.Lgs 42/04 Art. n° 137"Bellezze individue" (ex Vincolo 1497/39, art. 1, commi 1, 2)
con destinazione d’uso contrastante a quella proposta nel suddetto piano.
1.4.6 PIANO REGIONALE DELL’ATTIVITA’ ESTRATTIVA DI CAVA (2007)
Sulla base di tale Piano l’area di progetto è urbana e totalmente preclusa
all’attività estrattiva di cava (aree rosa) e conseguentemente l’attuazione del
Progetto non sottrae alcuna risorsa potenziale.
1.4.7 NUOVO PIANO REGOLATORE GENERALE ACQUEDOTTI (2004)
L’area di progetto non interferisce geometricamente con il piano in oggetto,
né con coinvolgimento dei percorsi esistenti o di quelli possibili.
1.4.8 PIANO D’AMBITO (2002)
Il Piano d’Ambito non prevede nell’area scarichi a mare.
In entrambi le situazioni, attuale e futura, non ci sono interferenze tra il Piano
d’Ambito ed il progetto proposto.
1.4.9 PIANO DI TUTELA DELLE ACQUE (2006)
L’area di progetto, sulla base delle cartografie facenti parte del PTA, è caratterizzata
da una vulnerabilità alta, ma le attività previste, non introducono
significative modificazioni del quadro attuale e quindi non influenzeranno la
falda quaternaria presente.
Il settore di progetto ospita aree sensibili, laghi o acque di transizione.
Non sono presenti attività minerarie o particolarmente inquinanti storiche o
attuali.
I carichi diffusi territoriali di origine agricola e di origine zootecnica sono in
genere limitati.
Non sono sottese o comprese aree che includono bacini interessanti acque
destinate al consumo umano.
La sola area di rilievo è costituita dal sistema dei SIC.
L’area è posizionata al limite di acquiferi detritici quaternari ma su formazioni
rocciore vulcaniche terziarie ed è vulnerabile per infiltrazione.
Gli elementi dell’idrografia presenti non sono considerati alla scala del PTA
tra quelli a rischio per il rilascio di sostanze pericolose e così pure il tratto di
costa antistante.
L’area di progetto nel PTA non è segnalata in evidenza per vari motivi di cri-
ticità.
1.4.10 LEGGE SUI PARCHI REGIONALI - L.R. n° 31/1989
Il settore interessato dal progetto è esterno ad ambiti definiti dalla Legge Regionale
n° 31/89.
1.4.11 PIANO STRALCIO DIRETTORE DI BACINO REGIONALE PER L’UTILIZZO
DELLE RISORSE IDRICHE (2006)
Le proposte di intervento non sottraggono superfici agronomiche produttive,
servite da infrastrutture irrigue, o previste, in estensione della rete.
1.4.12 PIANO DI GESTIONE DI DISTRETTO IDROGRAFICO (PGDI) (2009)
I corsi d’acqua presenti non sono considerati tra quelli a rischio per il rilascio
di sostanze pericolose e così pure il tratto di costa antistante.
Alcune criticità sono da segnalarsi per le intrusioni saline derivanti
dall’emungimento delle acque retro costiere.
Il settore è servito dal depuratore comunale di Sant’Antioco.
Le stazioni di campionamento a mare per il controllo della qualità delle acque
costiere, in fronte alla costa riportano dal 2003 al 2008 un indice TRIX elevato
(qualità elevata delle acque).
1.4.13 PIANO DI PREVENZIONE, CONSERVAZIONE E RISANAMENTO DELLA
QUALITÀ DELL’ARIA
Le caratteristiche di qualità dell’aria del settore sono sotto osservazione ed è
prevista l’estensione della rete di monitoraggio della qualità dell’Aria.
1.4.14 PIANO FORESTALE AMBIENTALE REGIONALE (P.F.A.R.)
Il Piano divide la Sardegna in 25 distretti. L’area di progetto ricade all’interno
del distretto “n. 24 – Isole sulcitane”.
I dati d’analisi del distretto sono piuttosto generali e non scendono oltre il
dettaglio del territorio comunale di Sant’Antioco.
Il territorio esaminato ricade totalmente all’interno del distretto 24.
Riguardo ai lineamenti del paesaggio, l’area è cartograficamente descritta
come paesaggio su rocce effusive acide e su piane costiere aperte.
La vegetazione è descritta su tre sistemi potenziali differenti ed in particolare,
come SA 1, SA 12 e SA 29.
Nella “tav. 8 Carta della propensione al degrado fisico del suolo” del P.F.R.A.
nell’area progettuale, tale tendenza, appare molto debole o nulla.
1.4.15 IL PIANO PAESAGGISTICO REGIONALE
Con Delibera del 5 settembre 2006, n. 22/3 L.R. n. 8 del 25.11.2004, art. 2,
comma 1, la Giunta Regionale ha adottato il Piano Paesaggistico Regionale
relativo al primo ambito omogeneo – Area Costiera.
Il progetto proposto ricade, per la parte isolana, nell’Ambito 5 – “Carbonia e
Isole sulcitane” e per la parte in terraferma, nell’Ambito 6 – “Anfiteatro del
Sulcis”.
Il settore di Calasetta è posto nelle aree incluse dal primo stralcio del PPR
(Ambito Costiero) ma il disegno delle mappature posto a base delle zonizzazioni
di fondo non rispecchia con sufficiente dettaglio il reale stato dei luoghi.
Le cartografie del PPR descrivono il settore di progetto come circondato da
sistemi naturali e trasformati, e ambiti agricoli (attorno all’area urbana a S e
N) e localmente subnaturali, nonché dai sistemi costiero e di transizione.
Gli ambienti, da naturali a semi-naturali, sono evidenziati in verde scuro sono
posti a S all’area urbana.
Le aree in giallo chiaro, costituite da aree agricole non specializzate insieme
ad una parte di aree agricole prevalentemente vitate, costituiscono il sistema
perirubano.
In verde intermedio scuro è evidenziata l’area degli ambiti sub-naturali mentre
in verde intermedio chiaro è riportata l’estensione delle aree a condizione
semi-naturale.
La prima è interessata da ambiti a macchia, localmente evoluta, e estesi rocciai
formanti la costa occidentale dell’isola, i promontori che separano tra
loro le baie di sotto Torre, sa Salina e Spiaggia grande e il promontorio stesso
su cui è insediato il nucleo originario di Calasetta; mentre la seconda è costituita
da ambiti di vegetazione naturale degradata da vari fattori, oppure da
ambiti ex agricoli ed oggi abbandonati, talvolta in corso di rinaturazione.
La proposta di trasformazione del PPR per l’area costiera esplicitata nei testi
e nella tavola di riferimento, oltre a rafforzare la tutela ambientale, non lede
la continuità degli aspetti insediativi storici e fortifica, riqualificandoli quelli
turistici.
Legenda
In tale ottica, l’intervento proposto, finalizzato all’ottimizzazione del funzionamento
del sistema infrastrutturale esistente, è coerente con l’ipotesi per
l’ambito proposta dal PPR, ed in particolare con gli aspetti progettuali-programmatici.
1.4.16 PARCO GEOMINERARIO STORICO E AMBIENTALE
L’area del progetto è in parte interna (“terraferma”) ed in parte esterna
all’area del Parco ma non confligge con esso.
1.4.17 PIANO DI GESTIONE DEI SIC ITB042209 “a Nord di sa Salina” E DAL SIC
ITB042210 “PUNTA GIUNCHERA”.
Le attività compatibili con i SIC andranno valutate in modo dettagliato più
avanti nelle considerazioni sulla fattibilità del progetto.
Mappa Tutele 1
Il territorio di Calasetta è interessato da un Decreto di Tutela Paesaggistica
(ex 1497/1939) emanato con D.A.P.I. il 06/04/1990 e pubblicato sul BURAS il
18/06/1990 in modo esteso ed indifferenziato sul territorio comunale, che
oggi agisce come art . 137 del D.Lgs. 42/2004.
Altresì, sono presenti, come da art . 142 lett. a) del D.Lgs. 42/2004, le fasce di
rispetto costiero, e lett. c) , quelle di rispetto fluviale, che interessano le aree
di fattibilità progettuale.
Le aree definite boschi, lett. g) dell’art. 142, sono mappate in modo impreciso
e comunque non interesserebbero, nella realtà, aree di fattibilità.
Mappa Tutele 2
Con riferimento all’art. 143 del D.Lgs. 42/2004 e art. del PPR n° 33 e 34, il
settore di Calasetta coinvolto dal programma comprende alcune aree di
elevata valenza naturalistica, esplicitamente tutelate ed in particolare il SIC
ITB042209 “a Nord di sa Salina” e dal SIC ITB042210 “Punta Giunchera”. Ulteriormente,
anche se non direttamene interessata o soggetta a normative
esplicita, è presente un’area IBA (Important Bird Areas).
Le attività nei settori SIC o in loro prossimità sono soggette a Valutazione di
Incidenza Ambientale.
L’isola di Sant’Antioco tutta costituisce una area di interesse botanico e fitogeografico
ed in particolare, il settore urbano, le sue pertinenze, i settori di
Spiaggia Grande e sa Salina e delle falesie occidentali, pur antropizzati, sono
area di interesse naturalistico.
Mappa Tutele 3
Il PPR agisce (art. da 22 a 30 delle NTA) nel controllo della trasformazione del
paesaggio, in gran misura, attraverso la definizione della trasformabilità di
aree a diverso grado di naturalità.
Nel nostro caso, abbiamo solo alcune aree a naturalità elevata e su di esse
andranno elaborate le valutazioni di compatibilità paesaggistica.
Sono presenti alcuni elementi di valenza storica ed archeologica, qui riportati
solo in parte, che agiscono attraverso le core zone, le buffer zone e gli scenari
ed andranno valutati appropriatamente in uno stadio successivo.
Lgs. 42/04 Art. n° 143 altre aree tutelate storicheCentri di prima e antica formazioneD.Lgs. 42/04 Art. n° 143 altre aree tutelate storiche^_Beni storici e archeologiciPiano Paesaggistico Regionale NTA Art. n° 5 e 9Area delle saline storichePiano Paesaggistico Regionale NTA Art. n° 5 e 9Aree dell'organizzazione minerariaPiano Paesaggistico Regionale NTA Art. n° 5 e 9!!!
!!!
!!!
!!!Parco Geominerario Sorico e Ambientale DM Amb.n° 265/01Piano Paesaggistico Regionale NTA Art. n° 5 e 9Aree della bonificaPPR NTA Art. n° da 22 a 30 (NATURALITA' - PPR)
Aree con forte presenza di ambienti naturali e subnaturali, Macchia, dune e aree umideAree con forte presenza di ambienti naturali e subnaturali, BoschiAree seminaturali, Praterie e spiaggeAree seminaturali, BoschiAree ad utilizzazione agro-forestale, Colture arboree specializzateAree ad utilizzazione agro-forestale, Impianti boschivi artificiali1:Lgs. 42/04 Art. n° 143 altre aree tutelate storicheCentri di prima e antica formazioneD.Lgs. 42/04 Art. n° 143 altre aree tutelate storiche^_Beni storici e archeologiciPiano Paesaggistico Regionale NTA Art. n° 5 e 9Area delle saline storichePiano Paesaggistico Regionale NTA Art. n° 5 e 9Aree dell'organizzazione minerariaPiano Paesaggistico Regionale NTA Art. n° 5 e 9!!!
!!!
!!!
!!!Parco Geominerario Sorico e Ambientale DM Amb.n° 265/01Piano Paesaggistico Regionale NTA Art. n° 5 e 9Aree della bonificaPPR NTA Art. n° da 22 a 30 (NATURALITA' - PPR)
Aree con forte presenza di ambienti naturali e subnaturali, Macchia, dune e aree umideAree con forte presenza di ambienti naturali e subnaturali, BoschiAree seminaturali, Praterie e spiaggeAree seminaturali, BoschiAree ad utilizzazione agro-forestale, Colture arboree specializzateAree ad utilizzazione agro-forestale, Impianti boschivi artificiali
Mappa Tutele 4
Alcune mappature riportate nella tavola non hanno, sulla tipologia di opere
proposte, influenza diretta (aree contaminate di Portovesme e di rispetto di
Portovesme. Sito di Interesse Nazionale) ma agiscono condizionando la fattibilità
ad operazioni di valutazione e caratterizzazione.
eIncendiatePerim2009areeIncendiatePerim2010PPR NTA Art. n° 41, 42 e 43Sito industriale di portovesmePPR NTA Art. n° 41, 42 e 43Sito industriale di portovesme fascia rispettoPPR NTA Art. n° 41, 42 e 43Siti amiantoPPR NTA Art. n° 41, 42 e 43categoriadiscariche minerariescaviattivestrcava!(attivestrcavaAree minerarie registrateAREE MINERARIE DISMESSEAree estrattive dismesseAREE MINERARIE DISMESSE (1° E 2° CATEGORIA)
DISCARICHESCAVIAree estrattive di cavaAREE ESTRATTIVE DI SECONDA CATEGORIA (CAVE)
Aree estrattive di minieraAREE ESTRATTIVE DI PRIMA CATEGORIA (MINIERE)
eIncendiatePerim2009areeIncendiatePerim2010PPR NTA Art. n° 41, 42 e 43Sito industriale di portovesmePPR NTA Art. n° 41, 42 e 43Sito industriale di portovesme fascia rispettoPPR NTA Art. n° 41, 42 e 43Siti amiantoPPR NTA Art. n° 41, 42 e 43categoriadiscariche minerariescaviattivestrcava!(attivestrcavaAree minerarie registrateAREE MINERARIE DISMESSEAree estrattive dismesseAREE MINERARIE DISMESSE (1° E 2° CATEGORIA)
DISCARICHESCAVIAree estrattive di cavaAREE ESTRATTIVE DI SECONDA CATEGORIA (CAVE)
Aree estrattive di minieraAREE ESTRATTIVE DI PRIMA CATEGORIA (MINIERE)
Mappa Tutele 5
Il PAI, nelle mappature di pericolosità idraulica del sub-bacino 1, Sulcis, riportava
alcune aree di inondabilità con H1, H2, H3 e H4 per il Rio Tupei.
Non sono note mappature di Pericolosità di Frana o Frane segnalate dal Progetto
IFFI.
Il Piano Stralcio delle Fasce Fluviali (PSFF) mappa invece un’area di fascia C
(mappatura generata per analisi morfologica con tempo di ritorno di 500 anni)
in tutta l’area del Tupei, soggetta a limitazioni non significativamente restrittive,
ma solo a cautele in fase di soluzioni progettuali.
Accorgimenti, cautele e mitigazioni per la progettazione
Il sistema delle baie occidentali e quello di Punta Giunchera, nonché della salina
conservano un elevato valore ambientale.
Il sistema della costa tra l’abitato e Punta Giunchera, è completamente trascurato
e una attenzione è dovuta, anche in funzione del fatto che esso costituisce
un importante parte della costa del comune e che si trova in fronte al vecchio
tracciato della ferrovia che consente una interconnessione lenta retro costiera.
Una attenzione di primo rilievo merita il sistema delle baie a ovest dell’abitato
interessato dall’attività storica della tonnara, della salina e quella turistica, a
discapito, quest’ultma di quella agricola.
Una attenzione complessiva poi merita il sistema di sa Salina rispetto al suo
stato attuale, alle sue potenzialità ed alle valenze ambientali e paesaggistiche.
Il sistema, attualmente gestito in modo minimalista sfrutta la naturale predisposizione
turistica in un contesto di elevato valore ambientale.
Nel settore al confine del comune di Sant’Antioco è presente il sistema costituito
dallo stagno di Cirdu, Punta Giunchera e Punta Trettu. Si tratta anche in
questo caso di un sistema di transizione di elevatissimo valore ambientale e
stato ambientale, nonché condizione d’uso inappropriata. Grande attenzione
andrà data in tali aree nella scelta delle attività di progetto.
NTA Art. n° 44 - IFFI Inventario Fenomeni Franosi!(Sito franosoPPR NTA Art. n° 44 - Piano Stralcio delle Fasce Fluviali PSFF (2011)
FASCIAHi5 A_2 (Tempo di ritorno Tr = 2 anni)
Hi4 A_50 (Tempo di ritorno Tr = 50 anni)
Hi3 B_100 (Tempo di ritorno Tr = 100 anni)
Hi2 B_200 (Tempo di ritorno Tr = 200 anni)
Hi1 C (Tempo di ritorno Tr = 500 anni)
Pericolosità di Piena (PAI)
Aree inondabili da piene con portate di colmo caratterizzateda tempi di ritorno di 500 anni.
Aree inondabili da piene con portate di colmo caratterizzateda tempi di ritorno di 200 anni.
Aree inondabili da piene con portate di colmo caratterizzateda tempi di ritorno di 100 anni.
Aree inondabili da piene con portate di colmo caratterizzateda tempi di ritorno di 50 anni.
B1b_PR_FRANEPERICOLOHg1Zone con fenomeni franosi presenti o potenziali marginali.
Hg2Zone con frane stabilizzate non più riattivabili nelle condizioni climaticheattuali a meno di interventi antropici; zone in cui esistono condizioni
geologiche e morfologiche sfavorevoli alla stabilità dei versanti ma priveal momento di indicazioni morfologiche di movimeni gravitativi.
Hg3Zone con frane quiescenti con tempi di riattivazione pluriennali o
pluridecennali; zone di possibile espansione areale di frane quiescenti;
zone con indizi geomorfologici di instabilità dei versanti potenziali;
frane di neoformazione presumibilmente in tempi pluriennali o pluridecennali.
Hg4Zone in cui sono presenti frane attive, continue o stagionali; zone
in cui è prevista l'espansione areale di una frana attiva; zone in
cui sono presenti evidenze geomorfologiche di movimenti incipienti.
LegendaareeIncendiatePerim2005areeIncendiatePerim2006areeIncendiatePerim2007areeIncendiatePerim2008areeIncendiatePerim2009areeIcendiatePerim2010PPR NTA Art. n° 41, 42 e 43Sito industriale di portovesmePPR NTA Art. n° 41, 42 e 43Sito industriale di portovesme fascia rispettoPPR NTA Art. n° 41, 42 e 43Siti amiantoPPR NTA Art. n° 41, 42 e 43categoriadiscariche minerariescaviattivestrcava!(attivestrcavaAree minerarie registrateAREE MINERARIE DISMESSEAree estrattive dismesseAREE MINERARIE DISMESSE (1° E 2° CATEGORIA)
DISCARICHESCAVIAree estrattive di cavaAREE ESTRATTIVE DI SECONDA CATEGORIA (CAVE)
Aree estrattive di minieraAREE ESTRATTIVE DI PRIMA CATEGORIA (MINIERE)
IL QUADRO DELLA PIANIFICAZIONE
Densità residenziale: 93,6 ab/Kmq
viabilità ai parcheggi, ai servizi di uso collettivo per la popolazione
residente agli spazi per le strutture ricettive e per i
servizi al turismo.
IL PROGETTO DI WATERFRONT E DELL’INFRASTRUTTURA PORTUALE
Il SISTEMA PORTUALE
Il sistema dei porti di Calasetta, nella sua sequenza funzionale di porto turistico,
porto per la pesca d’altura, porto commerciale e porto per la piccola pesca, rappresenta
un modello organizzato di attività polifunzionale.
Il porto costituisce il secondo terminale di riferimento per i collegamenti con
Carloforte, essendo la rotta protetta dalle traversie del quarto quadrante. Tale
caratteristica porta ad individuare per tale infrastruttura funzioni prevalenti
di collegamento con Carloforte. Attualmente si spostano su tali linee 200.000
passeggeri, 40.000 autovetture e oltre 6.000 mezzi pesanti.
E’ presente un’intensa attività peschereccia costituita da una flotta di piccole
imbarcazioni stanziali ed una forte componente di pescherecci d’altura provenienti
da altri compartimenti marittimi. Adiacente al porto commerciale a
NO esiste un porto turistico in fase di forte sviluppo. Il porto è protetto da un
molo di sopraflutto di circa 360 m di lunghezza ed un molo di sottoflutto che
lascia un’imboccatura di circa 50 m di luce; all’interno dello specchio acqueo si
trovano la banchina del sopraflutto, la banchina lungomare ed otto pontili galleggianti
dotati di tutti i servizi per complessivi 370 posti barca, di cui circa 30
riservati per il transito.
IL PROGETTO URBANO E DI WATERFRONT
L’insediamento costiero di Calasetta è caratterizzato da una maglia a scacchiera
continua che lambisce la linea di costa senza modificarsi o adattarsi
a questa. Il centro di questa struttura non è, infatti, il mare, come dovrebbe
essere per un insediamento costiero, ma la piazza centrale ricavata per sottrazione
di volumi dagli isolati contermini che evidenzia il carattere storicamente
“introverso” di questo paese e il difficile rapporto, almeno da un punto
di vista urbanistico, con il mare.
Questo carattere è ancora oggi prevalente, nonostante i lavori di riorganizzazione
delle aree portuali con il potenziamento delle funzioni turistiche e
diportistiche.
Il progetto complessivo del waterfront legato alle vocazioni territoriali del
centro urbano e alle forme dell’insediamento, si fonda sulla diversificazione
dell’offerta portuale: quella turistica da diporto e quella commerciale
e dei passeggeri per Carloforte. Questa diversificazione ha portato
all’identificazione più netta di due portualità e quindi due dimensioni dello
spazio urbano.
Un porto turistico a contatto con il centro storico caratterizzato da tutte
quelle attività più prettamente urbane, il mercato, il ristoro, il tempo libero
la residenza che ha luogo nell’intensificazione e riqualificazione dell’attuale
porticciolo turistico;
Un grande porto “intermodale” che coniuga la dimensione urbana dei viali,
dello spazio pubblico, dei servizi e dei trasporti, che diventa il baricentro su
scala regionale del collegamento per Carloforte.
In sintesi, il progetto di riordino del waterfront, sulla base dell’analisi della
struttura urbana e della sua evoluzione e delle prospettive di sviluppo economico
elaborate, si basa su due principali strategie:
- il rafforzamento dell’interfaccia urbana con le aree portuali attraverso
l’edificazione di un nuovo fronte mare e l’introduzione di nuove funzioni a
carattere prevalentemente turistico-ricettivo;
- il ridisegno delle aree portuali in funzione di una maggiore qualità dello
spazio pubblico ed un efficace sistema di servizi collettivi per l’accessibilità
all’infrastruttura portuale.
Accanto a questo disegno strategico si prevedono le seguenti opere infrastrutturali
portuali:
- Completamento della banchina di riva semicircolare del porto turistico,
indispensabile anche ai fini della sistemazione generale della grande
piazza sul mare
- Esecuzione dell’escavodei fondali portuali funzionale all’attracco dei
traghetti impiegati sulla rotta Carloforte-Portovesme che, in caso di mareggiate
da N.O. non hanno possibilità di attracco
- Completamento della banchina di riva del porto commerciale con 2
nuovi denti di attracco in considerazione della tendenza a rendere Calasetta
attracco preferenziale per il traffico turistico
- Completamento della scogliera di sottoflutto del porto commerciale
a chiusura del bacino portuale e a protezione della traversia da sud-est
Queste nuove infrastrutture portuali non dovranno isolarsi dal contesto urbano,
ma integrarsi strutturalmente con opere di natura urbanistica ed architettonica.
In questo senso, la strategia progettuale prevede i seguenti elementi:
1) Nuovi alberghi urbani. Sono previsti interventi volti ad espandere
il sistema turistico, sia in funzione di un allungamento della stagione e una
maggiore valorizzazione delle risorse tangibili e intangibili del territorio diverse
dalla balneazione, sia come rafforzamento dell’offerta di servizi alle infrastrutture
portuali. Questo sistema può costituire un importante elemento
di riconfigurazione urbana ed architettonica del fronte mare attraverso il ridisegno
degli edifici che andranno ad affacciarsi nel nuovo waterfront, con
evidenti ricadute nella qualità dello spazio pubblico e nel carattere complessivo
dell’insediamento.
2) Spazi pubblici. Il progetto prevede una riqualificazione moderna e
innovativa che fonde la città al mare utilizzando vegetazione, materiali ecosostenibili
e un’illuminazione che punta al risparmio energetico; una nuova
passeggiata che nasce con l’obiettivo di fondere l’identità della località e il
suo rapporto unico con il mare. Il progetto da vita a un sistema di piazze/
spazi aperti, dislocati ritmicamente lungo il frontemare, ciascuno fortemente
caratterizzato, in modo da realizzare una nuova trama di punti di interesse.
3) Viabilità ed accessibilità. Si prevede la riorganizzazione della viabilità
in funzione di una maggiore attenzione verso lo spazio pedonale e ciclopedonale,
elemento qualificante nel processo di rigenerazione urbana e paesaggistica.
Lungo le banchine di attracco dei traghetti per Carloforte sono disegnati
spazi per la sosta lunga e breve integrati con il verde e lo spazio pubblico.
nella pagina a lato: strategia di riqualificazione urbana e portuale
INTERVENTI INFRASTRUTTURALI NEL PORTO DI CALASETTA
Costituisce il secondo terminale di riferimento per i collegamenti con Carloforte
in termini di assoluta continuità essendo la rotta protetta dalle traversie
del quarto quadrante.
Tale caratteristica oltre a quella di poter costituire un attracco dedicato, con
particolare riferimento ai traffici turistici, porta ad individuare per tale infrastruttura
funzioni prevalenti di collegamento con
Carloforte. Attualmente si spostano su tale linea oltre 200.000 passeggeri,
circa 40.000 autovetture ed oltre 6000 mezzi pesanti.
Oltre a tale funzione è presente una intensa attività peschereccia costituita
da una flottiglia di piccole imbarcazioni stanziali ed una forte componente di
pescherecci d’altura provenienti da altri compartimenti marittimi. Adiacente
al porto commerciale, in una struttura indipendente, esiste un porto turistico
in fase di forte sviluppo in grado di ospitare circa 440 imbarcazioni delle quali
oltre il 70% sotto i 10 metri di lunghezza..
In sintesi il porto di Calasetta, nella sua sequenza funzionale di porto turistico,
porto per la pesca d’altura, porto commerciale e porto per la piccola pesca,
rappresenta un modello organizzato di attività polifunzionale.
Per il suo completamento è indispensabile l’esecuzione di una serie di interventi
che vengono sinteticamente riportati :
Interventi previsti : Euro 800.000,00
Completamento della banchina di riva semicircolare del porto turistico, indispensabile
anche ai fini della sistemazione generale della grande piazza sul
mare Esecuzione dell’escavo dei fondali portuali funzionale all’attracco dei
traghetti impiegati sulla rotta Carloforte-
Portovesme che, in caso di mareggiate da N.O. non hanno possibilità di attracco
1.500.000,00
Completamento della banchina di riva del porto commerciale con 2 nuovi
denti di attracco in considerazione della tendenza a rendere Calasetta attracco
preferenziale per il traffico turistico 2.500.000,00
Completamento della scogliera di sottoflutto del porto commerciale a chiusura
del bacino portuale e a protezione della traversia da sud-est 4.500.000,00
Sommano 9.300.000,00
A fronte di tali investimenti sono previsti negli interventi programmati della
R.A.S. € 4.000.000,00 per la realizzazione dei banchinamenti e dei piazzali di
riva della darsena commerciale e peschereccia, escavi, riordino delle pavimentazioni,
e degli i impianti e degli arredi portuali.
nella pagina a lato: nuovo layout portuale e fronte mare - planimetria
il nuovo mercato del pesce
il porto turistico
centro velico, yacht club e servizi - scuola di vela
il porto pescherecci
stabilimento SICAPi
spazio pubblico portuale pedonale con asse carrabile a
traffico limitato
controasse di servizio all’area
portuale
potenziamento della banchina per servizi
e parcheggi
riqualificazione e funzionalizzazione della riva orientale
moli lignei per piccole imbarcazioni
potenziamento dei servizi alla marina: stazione
marittima, bar tabacchi e punto ristoro
il porto commerciale e passeggeri
edificiper il piccolo commecio ed il ristoro
il nuovo viale urbano
il nuovo fronte costruito - residenze
turistiche, alberghiere e servizi
area verde attrezzata
aree pedonali e zone 30
pontili lignei e banchine attrezzate
aree verdi, parchi
nuovi edifici, riqualificazioni